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Lo Zibaldone

Wally e il gelato al pistacchio

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di Francesco Roat

L’ultima opera narrativa di Wolftraud de Concini ‒ Wally e il gelato al pistacchio ‒ è ambientata tra il Südtirol (l’Alto Adige) e il Tirolo austriaco, tra il mondo culturale italiano e quello tedesco; un po’ come l’autrice stessa che, trascorsa la giovinezza in Germania, dal 1964 vive in Trentino alternando negli ultimi anni un interessamento ora rivolto alla creazione di astratte/allusive immagini fotografiche, ora di testi letterari.

Questo romanzo breve (o racconto lungo che dir si voglia) è all’insegna d’una scrittura d’estrema levità e scorrevolezza, mai disgiunta da un’attenzione estrema al dettaglio, alle sfumature che caratterizzano un personaggio o un paesaggio. Difficile risulta tuttavia precisare in che consista esattamente questa narrazione: articolata e variegata assai, per quanto leggibilissima e gradevolissima. Si parla, in primo luogo, di una Wally. Ma nel giro di poche pagine ci si accorgerà che di donne che hanno a che fare con questo nome ve ne sono parecchie e, inoltre, quella che potrebbe apparire la protagonista in realtà non lo è; in quanto in questo intreccio di storie non c’è una figura maggiore che emerga e sovrasti le altre minori, ma tutte le comparse hanno eguale importanza, peso narrativo e dignità.

Dirò di più, sembra che la scrittrice si diverta a disorientare il lettore, a fargli letteralmente perdere il filo d’un racconto breve sì ma complesso (non complicato, però), il quale da una pagina all’altra ci fa attraversare d’un balzo frontiere geografiche, ambiti linguistici, realtà sociali e periodi temporali anche molto lontani fra loro, mostrandoci le molteplici ed umanissime sfaccettature di svariati personaggi più o meno tutti quanti legati alla figura quasi mitologica di Wally, intorno alla quale tutto il romanzo ruota.

Eppure, quello che potrebbe essere appunto un depistaggio finisce col rivelarsi tutt’altro dal disorientamento vero e proprio. Al contrario, smarrendosi nei capitoletti e rischiando di confondere fra loro le varie Wally che l’autrice gli fa incontrare ad ogni piè sospinto, il lettore è costretto a divenir consapevole di come la realtà sia diversa rispetto ad ogni facile schematizzazione/idealizzazione e di quanto la psicologia degli individui ‒ e di conseguenza il loro comportamento: mai prevedibile e/o lineare ‒ muti a seconda di circostanze, incontri, casualità, successi o insuccessi.

E veniamo al racconto o, forse meglio, ai racconti. A questa narrazione che inizia nel gennaio 1900, con la nascita della figlia di Toscanini: da lui chiamata appunto Wally, ma che subito cambia discorso e prende a parlare d’un quadro ad olio ottocentesco raffigurante una giovane donna: “alle prese con un aquilotto, nell’anfratto di una ripida parete rocciosa”; per trasferirsi poi nella Gaststube di un alberghetto sudtirolese. E via con tante altre apparenti digressioni ‒ che davvero tali mai non sono, essendo semmai variazioni alquanto musicali ‒ rispetto al tema principale intorno al nome/mito Wally e alle varie donne che qui lo incarnano; a partire dalla Wally della nota opera lirica di Alfredo Catalani (prediletta dal giovane Mahler), all’eroina omonima del romanzo di Wilhelmine von Hillern, sino alla coraggiosa Anna Knittel: una persona realmente vissuta che ha ispirato il personaggio destinato a divenire leggendario della Wally musicale, letteraria e persino pittorica.

Una caratteristica accomuna comunque queste figure femminili: si tratta di donne indomite, creative, anticonformiste e alla ricerca d’indipendenza ed emancipazione a qualunque costo. Ad esse si affiancano uomini più o meno noti: musicisti o pittori in genere, i quali recitano assieme alle Wally una commedia viva e vivace, tersa come i giorni solari nelle vallate tirolesi e dai mille scenari, che qui alternano panorami montani a interni paesani, nonché fotogrammi di città italiche e tedesche, in un caleidoscopio di micronarrazioni tutte legate fra loro.

Cosa altro dire su Wally e il gelato al pistacchio, se non che esso si gusta e si legge d’un fiato ‒ consigliabile quindi a giovani e meno giovani ‒, che è libro in grado di accontentare i palati più fini a cui non basta la trama d’un racconto tradizionale, ma al contempo quanti sono alla ricerca di un romanzo estivo che sappia stuzzicare la fantasia e sia gradevole; giusto come il gelato omonimo, che può piacere pure soltanto ‒ scrive Wolftraud de Concini ‒: “Per via del bel colore verde. Verde speranza”.

Wolftraud de Concini, Wally e il gelato al pistacchio, Publistampa edizioni 2021, pp. 143, euro 15,00

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