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Lo Zibaldone

Vivere la fragilità, con Leopardi. Recensione del nuovo libro di Alessandro D’Avenia

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di Irene Toppetta

L’ultimo libro di Alessandro D’Avenia – in testa alle classifiche ormai da molte settimane – è L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita, edito da Mondadori. Leggendolo, si comprende il motivo del successo di questo libro: la sua sconvolgente dissonanza rispetto al tempo in cui è stato scritto. Una felice dissonanza a mio parere, dalla quale scaturisce la sua originalità, confermata anche dall’interpretazione di Leopardi che D’Avenia propone.

In questo libro si parla di un Leopardi amante della vita. Il poeta amava la vita, e proprio questo amore lo portava alla malinconia di un infinito sempre cercato e mai raggiunto, se non in attimi di rapimento. D’Avenia ci racconta con quanto coraggio il giovane Giacomo tentò la fuga da un padre che ne aveva già deciso il destino. A Giacomo non bastava una vita tranquilla, in un posto che non gli offriva nulla tranne la solitudine e l’amministrazione dei beni di famiglia. No, non era questa l’esistenza che voleva: lui voleva vivere di slanci e di bellezza. E lo fece, sebbene avesse una salute molto precaria, che spesso lo frenava, ma non riusciva ad arrestarne la poesia.

Certo, Giacomo Leopardi soffrì, e molto. Soffrì per motivi di salute, soffrì perché il suo amore non fu ricambiato, soffrì perché non fu capito da molti…Ma un momento, non sono queste le sofferenze, più o meno, comuni a tutti noi? Eh già…queste sono fragilità che hanno tutti gli uomini. Ed è proprio questo che D’Avenia, nella sua profonda ammirazione per il poeta, vuole mettere in evidenza. La fragilità vissuta.

Vivere, nonostante la fragilità insita nel nostro essere “infiniti feriti”. Riconoscere tale condizione e attraversarla con coraggio, imparare ad abitarla, senza soccombere alla paura di essere inadeguati. Si può. È l’arte di vivere, l’arte di essere fragili, perché, proprio nell’affrontare le difficoltà, nell’amare, nell’avere una destinazione risiede il senso più profondo dell’esistenza.

Leggere Giacomo Leopardi, farlo diventare un compagno di strada, come lo è stato per Alessandro D’Avenia, è un bel modo per conoscere ed amare il nostro più grande poeta moderno e, insieme, un modo per reagire alle brutture che ci circondano.

Tornare a guardare un cielo stellato, porsi delle domande sul senso profondo delle cose, trovare il tempo per contemplare la bellezza che ancora c’è, per leggere dei versi e, magari, per trovarne di nostri…non sarebbe magnifico? Giacomo Leopardi seguì la sua ispirazione, sfidando la sua condizione di partenza. Quale potente incitamento per una generazione “perduta” come quella dei giovani di oggi! Una generazione che si vuole perduta, spenta, perché, in fondo, fa comodo così. Sono tanti, troppi, i giovani frustrati nei loro desideri, giovani che, magari, hanno studiato molto, si sono preparati, e poi si ritrovano, per esempio, a friggere patatine nei fast food, mentre vedono persone mediocri e impreparate ai posti di comando. Bisogna reagire a tutto questo. E presto.

Cerchiamo di credere ai nostri rapimenti, proviamoci almeno, magari pensando proprio a  Giacomo. Il fatto che Alessandro D’Avenia sia in cima alle classifiche, parlando di tutto questo, vorrà dire qualcosa. I desideri ci sono ancora, forse basta riaccenderli, anche quando tutto sembra remarci contro.

 

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