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Lo Zibaldone

“Virdimura”, il nuovo libro di Simona Lo Iacono

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di Anna Trapani

Nel suo ultimo romanzo, “Virdimura”, Simona Lo Iacono, magistrato presso la Corte d’Appello di Catania, ci racconta la storia di una donna il cui nome ricorda qualcosa di esile, fragile come l’erba che cresce nelle fessure tra una pietra e l’altra ma anche qualcosa di massiccio, forte come le mura. Ebbene, leggendo si scopre ben presto che questa giovane donna nulla ha di fragile bensì è risoluta e decisa nonostante le avversità. Sarà, come scritto in un documento conservato ancor oggi all’archivio storico di Palermo, la prima donna a ricevere la “licentia curandi” cioè a diventare medico. Siamo nel 1376. Vi si trova scritto (in latino): “Licenza a praticare l’arte della medicina inerente cure della psiche e del corpo, in massimo grado nei confronti dei poveri”. Ci dice l’autrice che fu proprio Virdimura a volere che si specificasse la disponibilità verso gli indigenti e gli ultimi. A questi, scopriamo nel romanzo, prima di lei si dedicarono il padre, Urìa, e il marito Pasquale figlio di Josef de Medico, pure lui uomo giusto, dottore vicino ai poveri. Nessuno di loro si faceva pagare ed avevano una parola di conforto per tutti, una vicinanza che nasceva dal cuore prima che dalla dottrina. Lo Iacono ci mostra brillantemente come questi medici giudei nella Catania del tempo si inimicassero tutti, sia i sacerdoti ebrei sia i cristiani, non solo perché non volevano essere pagati ma anche perché si mettevano ai margini della società frequentando per curarle le prostitute senza temere la loro impurità, propugnavano che bisognava curare non solo il corpo ma pure l’anima, conoscevano oltre ai segreti delle spezie e delle erbe i progressi della medicina e delle scienze appresi sui testi dei sapienti orientali. Dovevano difendersi, come dovette fare pure Virdimura, dalle terribili accuse di stregoneria e dal praticare il demonio perché credevano che la peste venisse diffusa dai topi e non dalle congiunzioni astrali come si diceva. Il romanzo mette bene in evidenza due aspetti molto importanti.  Il primo è la vivace e florida città di Catania che, con il vulcano alle spalle, fa da comprimaria nel bene e nel male. I commerci prosperano, le religioni monoteistiche convivono nonostante le restrizioni per gli ebrei, la città è molto popolata ma purtroppo tanti sono i diseredati, i vagabondi, le prostitute, i malati abbandonati a se stessi, i mendicanti. Il secondo è la condizione delle donne, in special modo quelle abusate e ingiustamente accusate di essere loro stesse la causa dell’abuso subito. Ripudiate dal padre o dal marito finiscono emarginate con addosso un marchio indelebile che lascia aperto per loro un solo luogo: il lupanare. Così succederà alla madre di Virdimura come si scopre alla fine di un romanzo che ci lascia nel cuore la figura di una donna che vuole affermare se stessa e la sua competenza con coraggio, a testa alta, combattendo i pregiudizi e le leggi degli uomini.

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