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Narrativa

Una Guadalupa difficile

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Chi abita nella Ravine Claire, in Guadalupa, non ha un futuro. La povertà, l’abbandono, la violenza e il male di vivere regnano sovrani nell’intrico di stradine buie e fatiscenti del quartiere. C’è chi prova a motivare lo sfacelo della zona ricordando quanto vi accadde più di un secolo e mezzo fa: dicono che la Ravine Claire sia un luogo infestato dagli spettri, maledetto dal sangue di alcuni coraggiosi neri fuggiti dalla schiavitù ma poi trucidati dai bianchi.

I più, tuttavia, non si pongono domande, non interrogano il passato e non pensano ai fantasmi, ma si limitano a fare di tutto per dimenticare se stessi. Alimentando in un circolo vizioso lo squallore di quelle strade. C’è chi si dà alla criminalità organizzata, chi alla droga, chi si prostituisce, chi invece si limita ad affogare il proprio male in pantagrueliche abboffate di polizieschi tv e di telenovelas, ammirando sullo schermo un’esistenza parallela e virtuale.

Gina Bovoir, invece, vuole sentirsi viva. E ha un modo tutto suo per farlo: sin da quando era giovanissima, mette al mondo figli. All’inizio del 2009, per esempio, è a buon punto con l’ottava gravidanza. Il problema è che, a ogni vita creata, segue da parte di Gina una progressiva perdita di interesse prima per il padre di turno e presto anche per la rispettiva prole. Distoglie lo sguardo non appena si accorge che ciascun piccolo sta crescendo, che non è un bambolotto, che gestire dei figli non è cosa semplice, tanto più se per garantire loro un’infanzia felice e stabile è fondamentale prima affrontare i propri demoni. Così i bambini di Gina crescono in casa sua come estranei, disillusi e amareggiati. Così il primogenito Steeve a ventun anni è in prigione per omicidio già da uno e mezzo. Così la giovane Mona è una tossicodipendente che trascina con sé il suo corpo “come un vecchio vestito lurido”.

Solo la terzogenita, Sharon, ancora una ragazzina, sembra avere la forza di reagire allo sfacelo della sua famiglia e alla desolazione della Ravine Claire. Dietro la rabbia nei confronti della madre e della vita, conserva la speranza, il coraggio e l’amore.

Il romanzo di Gisèle Pineau descrive con necessaria durezza e senza inutili patetismi il volto aspro della Guadalupa: non ci sono buoni o cattivi, ma soltanto coloro che sopravvivono e coloro che si perdono. Cento e più vite, infatti, non si fissa sul punto di vista di un solo personaggio, non crea l’eroina o l’eroe per cui fare il tifo, ma si sposta in continuazione da un individuo all’altro e di ciascuno dà voce sia alle meschinità che alla speranza, sia al lato in ombra e mortifero sia a quello luminoso. E così, raccontando di Gina, di Sharon e della Ravine Claire, la Pineau non solo consegna al lettore un’opera scritta con grande perizia, ma anche esamina con coraggio i problemi sociali che affliggono la bella isola di Guadalupa.

 

Cento e più vite

Gisèle Pineau

Gremese, 2014

pp. 262, Euro 18,00

 

 

di Martino Lorenzo Fagnani

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