Biblioteche
Una bella storia che viene da lontano: la Biblioteca di Santa Vittoria
Certe cose si sanno, o si immaginano. Ma è soltanto quando si vedono che appaiono in una cruda realtà. Prendiamo, ad esempio una cartina delle Marche, e segniamoci sopra con una matita i luoghi, i borghi, le città dove esiste una libreria, o una biblioteca che funzioni. Ecco, la cruda realtà. Sono tutte, e soltanto, lungo la costa adriatica. Tra le colline invece, verso l’Appennino, niente, lo spazio resta malinconicamente bianco. Ma non è immacolato; si staglia come l’ombra di una colpa, che incombe sul modo con cui la cultura, la lettura, la trasmissione del sapere oggi in Italia sia legata ad un tipo di sviluppo quasi esclusivamente urbano. E lasci ai margini territori, borghi, che storicamente quella cultura l’hanno invece praticata nei secoli. Nei monasteri sperduti, ad esempio, o nei palazzi di qualche signoria illuminata.
Santa Vittoria in Matenano si allunga sul crinale della collina che guarda l’Adriatico, già lontano. E’ distesa lì, in quello spicchio del Piceno che s’incunea verso i Monti Sibillini, quasi intatta, da un millennio, e più. Correva l’anno 898 quando i monaci di Farfa vi giunsero la prima volta, in fuga dalla Sabina. Venivano da un’abbazia in quel tempo la più importante dell’Europa, cresciuta sotto la protezione di Carlo Magno, autonoma da Roma e dal Papa. Fuggivano dalla minaccia dei Saraceni, e cercavano di portare in salvo i libri. Volumi preziosi dell’antichità, testi di ogni ramo dello scibile umano, custoditi, restaurati, catalogati come solo i monaci sapevano fare. Fondano un monastero, attorno col tempo sorge un borgo, e poi altri a breve distanza, mettono a raccolta i campi. L’ulivo, la vite.
Bernardo si è laureato da pochi anni. In storia antica. I suoi l’avevano mandato nelle scuole più vicine, da quelle parti gli spostamenti vanno considerati bene. Così si era diplomato in chimica, in un istituto non troppo distante da casa. Ma è la storia la sua vocazione. Allora decide di lasciare il borgo e frequenta l’università, la tesi sui mulini del Quattro-Cinquecento di quel territorio farfense diventa una pubblicazione. Quando torna misura le conseguenze dello spopolamento dei luoghi, poi del terremoto. Se deve acquistare un libro, o consultarlo in biblioteca, non resta che mettersi in viaggio per Fermo, o San Benedetto del Tronto. Verso il mare, sempre e soltanto verso il mare.
Un giorno arriva finalmente in Comune una piccola, buona notizia. Ci sono state delle donazioni volontarie per le aree disastrate dal terremoto, vengono suddivise tra i borghi. Cifre modeste, ma possono far sognare, se si è capaci di sognare. Bernardo, e con lui altri giovani, propone al Sindaco di mettere in piedi una biblioteca. Esisteva, molti anni addietro, mai poi a poco a poco i libri vengono ammassati in un ripostiglio, inconsultabili, dimenticati, ricoperti di polvere. Il Sindaco non ci pensa neppure tanto, chiama quei ragazzi, li prende in parola. Destina i pochi fondi e, con loro sorpresa, mette a disposizione un palazzo gentilizio, il Palazzo Sepe-Mattei. Storico, rimasto miracolosamente intatto col terremoto, pieno di affreschi rinascimentali, e da tempo vuoto, desolatamente vuoto.
La prima cosa fare è trasferire nella nuova sede i libri che dimenticati giacciono da decenni nel ripostiglio in fondo al paese. I ragazzi si danno appuntamento una domenica, di buon mattino, il lavoro da fare richiederà tempo. Ma arrivano in quaranta e più, da Santa Vittoria e dai borghi vicini. E chi mai l’avrebbe detto? La nuova biblioteca viene inaugurata, c’è tutto il paese quel giorno. Qualche settimana dopo, è invece la pandemia che arriva. Bernardo, e il gruppo di ragazzi, non si perdono d’animo. Organizzano i prestiti da remoto, se così si può dire. E scoprono che funziona. Poi scrivono ad Alessandro Barbero – Bernardo l’aveva incrociato nelle sue ricerche storiche -, gli chiedono se può donare alla biblioteca i suoi volumi, che ora infatti riempiono uno degli scaffali. Poi chiamano i monaci di Farfa, parlano col bibliotecario. Insieme decidono che la biblioteca di Santa Vittoria in Matenano raccoglierà volumi, ricerche, materiali sulla storia dei farfensi. Per chi voglia conoscere le proprie radici, quanto sono profonde, e trascurate. Come un cerchio che si chiude, più di mille anni dopo. E un punto che si segna sullo spazio bianco di una cartina. Distante da quelli allineati verso il mare; vicino ad un bisogno di rinascere, di ripartire. Con la magia dei libri, che racchiudono il tempo, e accorciano lo spazio.
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