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Lo Zibaldone

Un incontro per caso, a Parigi

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Marc Levy, lo scrittore francese che ha venduto oltre 20 milioni di copie dei suoi romanzi, ha scritto un nuovo successo, “Lei & Lui”. Ritrovando i due protagonisti della sua prima storia, proprio come due vecchi amici, che 16 anni fa gli avevano portato grande fortuna in tutto il mondo.

 

DI LUCIA CASTAGNA

 

È nato a Boulogne-Billancourt 55 anni fa e, prima di dedicarsi totalmente alla scrittura, ha lavorato per la Croce Rossa e per Amnesty International, ha diretto per anni uno studio di architettura fra Parigi e New York, ha scritto sceneggiature per il cinema sognando prima o poi di dedicarsi alla regia, e ha

sempre avuto una passione per la lettura.

Il desiderio di scrivere è arrivato tardi, e quando ha cominciato non credeva che ne sarebbe venuto fuori qualcosa da pubblicare. E invece è accaduto.

Era il 2000, e quella sua prima fatica letteraria, Se solo fosse vero, è stata un successo clamoroso e inaspettato, tradotto in 42 lingue, che ha fatto di Marc Levy lo scrittore francese più venduto al mondo.

 

Adesso è appena uscito in Italia Lei & Lui, il nuovo romanzo i cui protagonisti sono ancora Mia e Paul, gli stessi di quella sua prima storia, quasi un sequel dopo sedici anni.

Lui, Paul Barton, americano, a Parigi da molti anni in attesa che arrivi il successo: scrittore poco soddisfatto del suo lavoro, ha raggiunto la popolarità solo nella Corea del Sud, dove ha un complicato amore intermittente con la sua traduttrice. Lei, Mia, attrice inglese scappata a Parigi, trova rifugio da un’amica che conosce il potere consolatorio della cucina. I due si incontrano in maniera imprevista grazie ai rispettivi amici che, un po’ per gioco e un po’ per affetto, li iscrivono a loro insaputa a un sito di incontri, e inizia così un’amicizia a tinte colorate, sempre sul punto di trasformarsi pericolosamente in qualcos’altro, costellata di episodi romantici, buffi ed esilaranti.

Tra chiacchiere nei caffè e passeggiate nelle piazze di Montmartre, dove le atmosfere sprigionano tutta la loro magia, Levy dà vita a un’irresistibile commedia intessuta di humour, equivoci e malintesi che in Francia ha già venduto oltre un milione di copie.

 

Perché questo ritorno dei due protagonisti del passato?

 

Perché, dopo aver trascorso molto tempo a scrivere le storie di certi personaggi, si finisce per affezionarcisi, come se fossero delle persone reali, e all’improvviso ho sentito che avevo voglia di passare ancora un po’ di tempo con loro, proprio come se Mia e Paul fossero degli amici. Perché in fondo, dopo tanto tempo, sono diventati davvero degli amici.

 

Ha scritto una storia piena di ironia, quasi una commedia di un certo cinema che ci piaceva tanto e che non vediamo più…

 

L’umorismo è una cosa fondamentale nella vita. É importante saper ridere, avere la capacità di prenderci in giro, giocare con incomprensioni e malintesi. Perché si può parlare anche di cose molto serie in modo leggero, ma sempre con una certa forma di eleganza.

 

Suo padre Raymond era uno scrittore ed editore di libri d’arte, e primo lettore dei suoi manoscritti. Come era il vostro rapporto?

 

Tra noi c’è sempre stata una forte complicità, un’intesa totale. Avevo per lui una profonda ammirazione, e avrei sempre voluto essere come lui. Un grande albero che orientava le foglie per illuminare le persone che gli erano intorno, e chi lo ha conosciuto è stato fortunato, perché è stato illuminato dalla sua luce.

 

Perché da alcuni anni ha scelto di vivere a New York?

 

Forse perché mi sento un po’ nomade, come un marinaio che lascia la terra e va per mare. Ho passato all’estero quasi 24 anni, tra Los Angeles, San Francisco e adesso New York, che adoro perché si riesce a convivere con più identità diverse. Pensi che ci sono 63 comunità, e non ci sente mai stranieri. Il mondo, ormai, non ha più frontiere, e non valgono i muri che cercano di costruire. C’è troppa paura, ma non si può tornare indietro, e ripiegandoci nella nostra identità non potremo vivere più felici. In un bellissimo discorso, il re di Norvegia ha detto: “Non è facile sapere da dove veniamo, di che nazionalità siamo. La nostra casa è lì dov’è il nostro cuore, e non può essere sempre situato entro i confini di un paese” … Io ho sempre amato viaggiare, per incontrare e conoscere altre culture, entrare in contatto con chi ha un modo diverso di vedere le cose, diversi valori di riferimento e una lingua che suona sconosciuta.

 

 

Lei dice di sentirsi un artigiano. In che senso?

 

Cerco di essere serio, attento e meticoloso nelle ricerche dei personaggi e dei luoghi, e raccontare storie che possano essere reali, anche se sono frutto della mia fantasia. E’ come un lavoro di cesello, per mettere insieme quello che hai colto intorno a te e dargli forma con le immagini, le emozioni che vuoi trasferire nelle parole. Proprio come un falegname, o un orafo di altri tempi.

 

La preoccupa il passare del tempo?

 

No. Siamo noi i responsabili della nostra vita, e diventiamo quello che abbiamo deciso di essere, consapevoli che nessuno possiede la felicità, anche se talvolta si ha la fortuna di averla in affitto e di esserne l’inquilino. Ho sempre pensato che le rughe della vecchiaia formano le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni. E se alla fine di tutto saremo ancora capaci di amare, allora avremo vinto davvero.

 

 

 

 

 

 

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