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Narrativa

“Su la mascherina, giù la maschera”, il libro sulla pandemia di Marzia Mancini

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di Luca Priori

Il Covid 19 ha dato anche motivo di riflessioni a tante persone, non solo per la forzata reclusione in casa, ma soprattutto perché l’aggressione di un virus invisibile ha fatto tentennare le certezze della nostra potenza. Sono usciti diversi libri scritti sulla pandemia e in occasione di essa. Fra questi, un pensoso racconto lungo di Marzia Mancini, giovanissima nostra conterranea, originaria di Roma e attualmente cittadina di Rocca di Papa. Ha pubblicato “Su la mascherina, giù la maschera” (Edizioni Controluce), con prefazione del professor Aldo Onorati, firma che è una garanzia assoluta in ambito letterario non solo nazionale. Marzia Mancini ha studiato canto lirico e arte drammatica e nel 2018 entra nell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, collaborando a diversi organi di stampa fra cui “Eva3000”, “F” e “Natural Style”. Di recente ha inaugurato un suo canale YouTube intitolato “Extra-Ordinari” in cui conduce interviste a vari personaggi dalle storie e personalità fuori dal comune. Di che tratta questo bel libro, dunque? È una sorta di diario in cui si intrecciano i dati del Covid con i “dati dell’anima”. Come scrive il prof. Onorati, “l’autrice innesta al dramma del covid la sua interiorità in riesame, legata ai fatti stessi della sua vita. È un fluire di considerazioni, un narrare limpido e fruibile, tanto che alcune pagine prendono a viva forza il lettore per una sorta di “castità” emozionale, di sviluppo come un “itinerarium mentis in aeternum”. Anche a me, nella lettura continuata che ho fatto del libro, captato pure io dalla sua forza espressiva, ha sortito l’effetto di sentire un ‘alter ego’ parlare in mia vece. Mi hanno colpito soprattutto i lacerti autobiografici.

Il brano chiave, cioè quello centrale, lo leggiamo a pag. 91, dove il senso etico si innesta con la commozione per la  sofferenza della pandemia: “Quando il dolore diventa routine, si corre il rischio di rimanere indifferenti non solo alla morte ma anche alla vita.  È così che una persona che muore finisce per essere solo un numero dei tanti. Io non mi voglio abituare, voglio immaginare quei volti e provare dolore per tutte quelle vittime, non perché sia una masochista ma per dare un senso a quelle vite spente dalla sofferenza e perché al loro posto potevo esserci io od un mio parente, fa troppo male per essere reale”. E siccome siamo dentro la pandemia, con le varianti che stanno rendendo più difficile la liberazione da essa, il libro è attualissimo. Notiamo da questo brano un coinvolgimento autentico dell’autrice alla sofferenza universale che ella proietta in sé, per cui, ognuno di noi, leggendo questo libro, entra nella sua problematica. A pag. 173, si legge: “È appena trascorso un mese dall’inizio della quarantena e ieri è stato l’ultimo giorno di Quaresima”. Ma la Quaresima continua, e a questa parola polisemantica si innesta una sensibilità religiosa che è il “quid” che lega noi al mistero. Insomma, una lettura molto profonda, piacevole, anche gratificante per un sollievo inafferrabile che emana dalle pagine. Un libro che vien voglia di rileggere!

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