Lo Zibaldone
Storia di Swedenborg
Emanuel Swedenborg, chi era costui?
di Francesco Roat
Credo che buona parte dei lettori non conosca questo pensatore, matematico, nonché mistico svedese, per quanto le sue opere ‒ nei secoli XVIII e XIX ‒ abbiano suscitato notevoli ripercussioni un po’ in tutta Europa sia nell’ambito filosofico che in quello religioso. Più conosciuto, invece, è senza dubbio Daisetz Teitarō Suzuki: eminente studioso giapponese del buddhismo, specie quello precipuo dello Zen, su cui ha prodotto numerosi saggi. Ma gli interessi di Suzuki non si son certo limitati a tale ambito, tant’è che egli s’è occupato pure di Swedenborg, di cui si professava grande estimatore. Sino ad oggi però i suoi scritti sul mistico-visionario scandinavo non erano stati tradotti in italiano; va dunque dato merito alla Casa Editrice Le Lettere per averli appena pubblicati raccogliendoli in un volume, grazie alla cura di Federica Sgarbi: apprezzata docente presso varie università giapponesi.
Nel primo capitolo del testo, Suzuki spiega i tre principali motivi per cui Swedenborg merita la nostra attenzione. Come ben sintetizza Marco Vannini ‒ nell’accurata Presentazione di questo testo ‒, innanzitutto per l’idea che sussista una profonda relazione niente affatto contrastante: “tra scienza, filosofia e religione”; concordanza qual è testimoniata dall’opera e dalla condotta esistenziale del nostro mistico-matematico. Il secondo motivo sta nella convinzione/certezza, da parte di quest’ultimo, che esista una realtà altra da quella materiale, dalla dimensione ordinaria spazio-temporale e persino mentale. Non da ultimo il terzo motivo, individuabile in una fondamentale consapevolezza ‒ condivisa da un po’ tutti i mistici d’ogni tempo e luogo ‒: quella per cui l’eliminazione dell’egocentrismo, la messa a tacere dell’io e delle sue ambizioni possa consentirci di entrare a contatto con il sacro/divino, partecipando così ad esso.
Scrive infatti Suzuki a tale proposito: “In questo nostro mondo sembra esserci un reame spirituale separato da quello dei cinque sensi e, quando entriamo in un certo stato psicologico, parrebbe che noi siamo effettivamente in grado di comunicare con detto livello ultramondano”. E giusto ciò sostiene d’aver realizzato Swedenborg, che assicura d’esser stato sia all’Inferno sia nel da lui chiamato Reame Celeste: ambiti che il visionario illustra assieme ad una serie d’incontri spirituali, che pare abbiano avuto inizio all’età di cinquantasei anni. Epoca a partire dalla quale lo studioso svedese decise di abbandonare i suoi precedenti impegni mondani, per dedicarsi completamente alla dimensione spirituale. Con ciò tuttavia egli non cessa di scrivere, anzi non smetterà più di farlo, producendo capolavori quali Arcana Coelestia, Del Cielo e dell’Inferno, nonché il libro Del divino amore e della divina sapienza: testo ritenuto da Suzuki basilare per la comprensione di Swedenborg ed in cui si sostiene che la vita equivalga all’amore: “e come questo amore non sia differente da Dio”.
Compito dell’uomo ‒ sempre secondo quest’ottica ‒ è nientemeno che: “entrare in Paradiso”, non tanto dopo la morte ma già in questa vita, distaccandosi da ogni tipo cura mondana ed ottenendo, qui ed ora, la perfetta quiete, la serenità paradisiaca e l’unitas spiritus auspicata da San Paolo o l’henotes, cioè l’unità spirituale con l’Uno/Dio. Ma Swedenborg non si accontenta di affermare questo e insiste, nei suoi scritti, col descrivere ‒ con una minuzia di particolari a dir poco strabilianti ‒ i suoi rapporti con angeli, demoni e trapassati. Il massimo della visionarietà è da lui raggiunto nel testo Apocalisse rivelata, nel quale ‒ nota condivisibilmente Suzuki ‒: “le sue affermazioni sono estremamente bizzarre e mutevoli e lasciano perplesso il lettore riguardo al loro significato”. Ciò non deve però essere d’ostacolo alla recezione del messaggio di fondo di questo mistico, che, come altri prima di lui, utilizza un suggestivo linguaggio immaginifico, talvolta inverosimile, ossimorico e contradditorio persino, ma non per questo privo d’una sua pregnanza significativa.
Inoltre, come ancora suggerisce lo studioso giapponese, sia il cosiddetto Reame Celeste che l’Inferno swedenborghiani possono venir considerati realtà di questo nostro mondo, che può apparisci ora un eden ora un luogo maligno/orrendo a seconda di come ci comportiamo o guardiamo ad esso. A seconda, altresì, di come l’amore viene da noi concepito: o quale attaccamento a al nostro piccolo ego o quale agape: una oblatività/generosità altruistica senza contropartite d’alcun genere. Solo così ci si dispone all’autentica rinascita spirituale A tale proposito lascio la parola conclusiva a Suzuki, che mi sembra davvero illuminante:
“Quando la libertà e la ragione non sono guidate dall’amore infernale, ma si rivolgono invece verso il Sole del Cielo, cioè la direzione principale del Divino, l’amore e la luce del Divino inondano l’interiorità di quella persona fino al punto di traboccare e, in questo, è la realtà della rigenerazione. Questa rigenerazione è accompagnata da una gioia celeste”.
Daisetz Teitarō Suzuki, Swedenborg, a cura di F. Sgarbi, Le Lettere, 2024, pp. 87, euro 16,00
Notice: Undefined variable: user_ID in /home/kimjcgib/public_html/wp-content/themes/zox-news-childfemms/comments.php on line 49
You must be logged in to post a comment Login