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Sociale

Sempre in contatto – Storia sociale del telefono cellulare.

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di Federico Mussano

 

Scrivere un libro su un oggetto? E per di più su un oggetto di uso non comune ma ormai comunissimo?

Sì, è proprio Jon Agar a dichiarare «non avrei mai detto che un oggetto così ordinario sarebbe diventato l’argomento di un libro» ma invece è stato proprio lui (docente del Dipartimento di Scienze e Studi Tecnologici allo University College di Londra) a scrivere Constant Touch, libro che già dal titolo (voluta oscillazione semantica tra il “touch” riferito allo sfioramento della tastiera degli smartphone e il “keep in touch” del mettersi, e mantenersi, in contatto e comunicazione, magari attraverso l’uso integrato di telefonino e di social network) indica come le pur presenti, ed eccome se presenti, dimensioni tecnologiche e commerciali non esauriscano affatto gli scenari di analisi della telefonia mobile.

La lettura di Sempre in contatto (e l’efficace traduzione in italiano realizzata nell’ambito del corso “Tradurre la letteratura” della FUSP di Misano Adriatico) consente di riflettere sulle implicazioni a carattere sociale del cellulare.

Così come Cartier-Bresson considerava la macchina fotografica un’estensione dei propri occhi, così il cellulare rappresenta di fatto un’estensione dei nostri sensi nell’atto di comunicare e di rapportarsi agli altri, non solo con la voce ma con testi (i diffusissimi sms) e immagini, fisse e in movimento (la qualità delle foto, e in parte anche dei video, scattate da uno smartphone ben giustifica il neologismo videophone). Si tratta di una storia partita da lontano e, se sarà difficile trattenere un sorriso davanti all’immagine, tratta dall’archivio British Telecom, che apre il capitolo “Questione di ceto e di concorrenza: una rivoluzione inglese” (la signora spettinata dal vento di Londra che dice “I’m on Westminster Bridge” con un cellulare di dimensioni quasi maggiori del suo viso, anno 1986) è giusto ricordarsi degli inizi. Altri tempi e altri ceti: nel 1954 il marchese di Donnegall era invidioso del duca di Edimburgo: la coupé del duca era equipaggiata con un telefono (non certo un cellulare, ma un dispositivo che si poteva definire mobile), il marchese invece nei suoi spostamenti in auto non poteva comunicare con il resto del mondo, al di là della conversazione che poteva intrattenere con coloro che si trovavano sulla sua lussuosa vettura in quel preciso momento. Al giorno d’oggi invece potrà essere più diffusa (più certo dell’invidia di un marchese) la voglia di essere alla moda e di utilizzare un cellulare di ultimissima generazione come molla per il cambio del telefonino verso un modello con maggiori prestazioni o, secondo un orribile neologismo, più “performante”. Le analisi sociologiche di Agar si basano su un grande equilibrio e sul rifiuto di luoghi comuni e, particolarmente interessante, appare la declinazione del fenomeno su base geo-politica.

 

JON AGAR

(traduzione di Chiara Alberghetti)

Sempre in contatto

Storia sociale del telefono cellulare.

Edizioni Dedalo, 2014

pp. 240, euro 16,00

 

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