Varia
Riti e culture dell’acqua
Ferdinando aveva idee molto chiare sull’igiene: «la pulizia certamente è quella che fa distinguere la persona», così risponde a Vittoria che aveva raccontato della sua passione per il vestire bene e alla moda. Siamo nella commedia goldoniana Le avventure della villeggiatura e Ferdinando non può non rilevare la correlazione tra pulizia e frequente cambio dei vestiti. Così è, certamente, ma non basta: e l’acqua, e il lavarsi?
Vittoria aveva molti amanti ma nessuno amava l’acqua: siamo nel Settecento e Paolo Sorcinelli (estendendo lo sguardo verso il secolo successivo, ad esempio con la lettura di un’opera attribuita a Pigault-Lebrun, mostra come anche per buona parte dell’Ottocento le cose non cambino) ricorda come l’acqua fosse amata sì per i giardini patrizi, i teatri d’acqua e i ninfei ma non per l’igiene personale. Il titolo dell’ottavo capitolo di questa, per certi versi sorprendente, Storia sociale dell’acqua è quantomai eloquente: “L’ossessione dei pori e la pulizia asciutta”, un’ossessione che saliva a livelli incontrollabili in tempi di epidemie e soprattutto di peste (da quella citata dal Boccaccio nel Decamerone alle trenta epidemie nella Venezia del Quattrocento, ci sono poi le venti epidemie della Milano cinquecentesca e l’elenco potrebbe continuare) per cui l’acqua, dilatatrice dei pori da cui entrava la malattia, era da evitare a ogni età. Se parliamo di bambini si può citare Luigi XIII che dovette rinunciare a ogni lavaggio fino all’età di sei anni mentre, se consideriamo i neonati, non era infrequente l’unzione con oli vari e con la cera per ostruire i pori. Voltando lo sguardo verso gli adulti, tra bagni di piacere e bagni a vapore è significativo come in una étuve di Avignone «non c’era neppure una minima attrezzatura che avesse a che fare con l’acqua mentre abbondavano le alcove»…
L’acqua ha una storia (anche sociale, con numerose intersezioni con i costumi, i riti, le religioni, le credenze scientifiche e pseudoscientifiche) che parte da lontano, da quando si credeva ai draghi (allegorie del timore delle acque paludose) in ogni parte d’Italia e non solo: dal drago (disegnato nel XVI dal fisico e naturalista Ulisse Aldrovandi) di un lago vicino a Lodi al drago lucano che terrorizzava le popolazioni della valle dell’Agri, e così il principe Colonna di Stigliano ricevette in premio la proprietà del fiume.
L’acqua e la salute, le vacanze al mare (dalla pelle “candore di luna” alla tintarella) di massa poi e prima di élite: nelle ultime pagine del libro entriamo nel XX secolo con un quadro in cui Matisse raffigura la Saint-Tropez del 1904 (Luxe, calme et volupté) e con il sindaco di Rimini che nel 1906 dichiara come si vada al mare «più che per motivi di salute […] per le esigenze della moda o per il capriccio del lusso».
PAOLO SORCINELLI
Storia sociale dell’acqua
Odoya, 2016
pp. 220, euro 15,00
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