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Poesia

Recensione di “Un’altra vita” di Paolo Ruffilli. Di Fausta Genziana Le Piane

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I sensi di Paolo Ruffilli e il significato della vita

(di Fausta Genziana Le Piane)

Guy de Maussant è uno dei miei scrittori preferiti e mi ha fatto molto piacere scoprire che Paolo Ruffilli gli ha dedicato un racconto nella raccolta intitolata “Un’altra vita”, edita da Fazi, 2010. Il genere letterario del “racconto” non ha una tradizione apprezzabile in Italia e quindi sono lieta che Ruffilli ponga rimedio a questa carenza.

Il racconto in questione s’intitola L’isola sul fiume e il pretesto della narrazione si scopre alla fine alla quale magistralmente Paolo conduce il lettore con una certa suspense: due colleghi, assistenti alla cattedra di storia dell’arte nel medesimo istituto dell’università esperti della pittura degli Impressionisti (che si sono ritagliati un’altra vita), compiono una specie di pellegrinaggio sui luoghi di Monet. Il viaggio si scoprirà poi essere l’occasione per dimenticare l’uomo sociale per ritrovare l’uomo naturale, consentendo l’evasione.

 

Un’altra vita

La mia sorte,

con te,

è sempre di aspettare…

che tu finisca

il tuo lavoro

e abbia voglia

di vedermi

senza mia pretesa,

che ti disponga

preziosa e quasi offesa

a concedermi

la tua interezza

più maestosa

trovando intanto, tu,

qualcosa di eccitante

nel mio stare

amputato dall’attesa.

E, nei ritagli

del tuo tempo,

mi sono ritagliato

un’altra vita

migliaia di chilometri

distante,

incerta eppure

ancora più invitante

nel suo stato

di stabile ferita

in sé particolare.

Il racconto segue due linee di modello: Guy de Maupassant, come già detto, e l’impressionismo ma presto ci accorgiamo che si tratta di un’unica fonte di ispirazione.

Maupassant asseriva che il modo particolare con cui vediamo il mondo è l’illusione particolare che ce ne facciamo, e questa illusione corrisponde ai nostri organi e ai nostri sensi; è il ricettacolo della nostra sensibilità che arricchisce la nostra particella individuale della coscienza universale.

L’Impressionismo è il nome dato ad una scuola di pittura che si è sviluppata in Francia nella seconda metà del XIX° secolo. Designa un “sistema di pittura che consiste nel rendere puramente e semplicemente l’impressione tale e quale è sentita materialmente”; l’artista impressionista è “il pittore che si propone di rappresentare gli oggetti secondo le sue proprie impressioni senza preoccuparsi delle regole generalmente ammesse”.

Nel bellissimo saggio dal titolo “Sur Maupassant”, il grande scrittore americano Henry James sottolinea che per lo scrittore francese il valore dell’artista risiede nella nettezza con la quale trasmette l’impressione che prova: “Che puerilità, d’altronde, credere alla realtà poiché noi portiamo ognuno la nostra nel nostro pensiero e nei nostri organi. I nostri occhi, le nostre orecchie, il nostro odorato, il nostro gusto differente creano altrettante verità quante uomini sulla terra”.  Il mezzo che l’artista Maupassant possiede è quello dei sensi e la vita lo interessa solo attraverso di essi: i suoi sensi sono straordinariamente vivi e non c’è pagina che non testimoni la loro vitalità. Le produzioni di Maupassant ci insegnano, fra le altre cose, che il suo odorato è eccezionalmente sensibile tanto da non farsi scrupolo di rappresentare le relazioni tra gli uomini e le donne come rette in gran parte dall’odore degli interessati: la vita umana, nelle sue pagine, appare come una sorta di concerto di odori. Anche il suo sguardo è potente, ce lo rivelano le sue descrizioni concise e vigorose.

Ruffilli è un allievo docile. Immediatamente il lettore è immerso nel suo racconto in un mondo i cui i sensi la fanno da padroni: vista, udito, olfatto, udito e gusto sono messi in campo. Il senso della vista, arricchito dalla danza sfrenata dei colori, rosso, azzurro, bianco, verde, giallo, rosa risuona nell’incipit lapidario e conciso che apre il breve testo e diventa metafora: “La vista li abbagliava”. E’ sotto il segno del senso della vista che Ruffilli pone il suo racconto collocato nello spazio ma fuori dal tempo.

Il gusto passa attraverso un saporito menù francese costituito da coniglio arrosto e una bottiglia di Bordeaux senza tralasciare una bella frittura d’acqua dolce.

E il tatto? “Il Rosso si strusciava soddisfatto tra le gambe dei due avventori solitari”…Si parla del gatto!

L’udito è attento al “tuffo regolare dei remi e lo sciabordare che l’acqua produce sulle fiancate dello scafo” ed è arricchito dall’uso di verbi quali risuonare, gorgogliare, ribollire, ecc,  l’olfatto ingloba odori e profumi, “l’odore di muffa e legno marcio…”. E potrei continuare procedendo così nella lettura dell’intero racconto dove non manca neppure l’istinto sessuale…

Attraverso i sensi i protagonisti arrivano ad una felicità possibile, ammissibile, bevono il mondo, un mondo liquido, fatto essenzialmente d’acqua, di corrente, di fiume ecc. Sono in un auditorium vegetale che altro non è che la vita.

Ruffilli sceglie un momento della coppia protagonista a contatto con la natura, con l’acqua e, ebbro di luce, di fantasia e di spazio (Guy de Maupassant, Un soir), capta il dettaglio che esprime la scena e ci consegna un quadro convincente ed originale. Se ne ricava un’impressione, come dicono gli Impressionisti, nella quale i personaggi sono più che ordinari. D’altronde, si dice esplicitamente che i due protagonisti si sono recati nei luoghi dove Monet faceva la sua ricerca pittorica, en plein air, studiando le sfumature della luce, sulle tracce dei paesaggi della Senna e della Val d’Oise.

Claude Monet, Campo di papaveri a Vétheuil

E non è un caso che si parli di Vétheuil poiché nel periodo qui trascorso (1878-1881) il pittore francese desidera farsi l’interprete della campagna: il posto e la sua natura agreste lo incitano a rinnovare le sue osservazioni visive. Pur rimanendo il favorito, l’elemento acquatico non è più il solo ad attrarlo: ci saranno i campi, gli alberi, il villaggio rappresentati con piccoli tocchi sovrapposti, molto spezzettati. E come Monet è attratto dai fenomeni atmosferici come la pioggia, la brina, la neve, Ruffilli lo è dal vento: bandiere e fiamme al vento…

Ma ecco la differenza: Maupassant sta al contadino normanno come Ruffilli sta all’erudito e all’intellettuale, la grossolanità sta a certi personaggi di Maupassant come la raffinatezza sta ai personaggi del racconto di Ruffilli. Maupassant è figlio della sua terra, la Normandia, concreta, robusta, Ruffilli no.

Il suo riuscito quadro e la sua idea si fondono e si compiono attraverso uno stile che non ha bisogno di ricorrere ad un “vocabolario bizzarro, complicato che ci vien imposto come scrittura artistica per fissare tutte le sfumature del pensiero; ma bisogna discernere con estrema lucidità tutte le modifiche del valore di una parola secondo il posto che occupa: sforzarci di avere meno nomi, verbi e aggettivi dai sensi quasi inafferrabili, ma più frasi diverse, costruite diversamente, separate con ingegno, piene di sonorità e dotti ritmi. Sforziamoci di essere stilisti eccellenti piuttosto che collezionisti di termini rari” come dice il suo Maestro.

Quanto all’acqua, vera protagonista del racconto (quante volte è ripetuto questo termine?), presente nel titolo (fiume), anch’essa accomuna Ruffilli a Maupassant, sin da giovanissimo appassionato di nuoto e canottaggio che praticava nella Senna. Molti dei suoi scritti nacquero a bordo dello yacht Bel-Amì (nome di una delle novelle di maggiore successo) con il quale amava viaggiare a zonzo per il Mediterraneo. Acqua (e attinenti quali corrente, bagno, sorgente, riva, letto, braccio, canale, diga), metafora della vita di cui Maupassant e Ruffilli sono avidi. Ruffilli – come Maupassant (senza però la sua troppo accentuata sensibilità) in Sur l’eau del 1888 – è “sempre vicino all’acqua, sempre sull’acqua, sempre dentro l’acqua. Doveva essere nato su un canotto, e certamente li vi morirà.”

Quale è l’immagine della vita che questo racconto ci restituisce? Un’impressione forte, pregnante di bellezza, di verità e di completezza che abbaglia e rende attoniti. Un sentimento della vita intesa come sorpresa, meraviglia, contemplazione, che cattura e ipnotizza: la parola chiave è “miraggio”. Ruffilli prende ancora di più le distanze da Maupassant e dall’Impressionismo perché è vero che i colori, i suoni servono all’artista per tradurre le sensazioni avvertite dall’uomo ma “senza distinzione tra l’intelletto e i sensi, fino a fondersi con ogni “. L’intelletto in secondo piano sia per Maupassant che per l’Impressionismo assurge per Paolo a pari dignità con i sensi per arrivare ad una conoscenza piena della realtà.

 

Fausta Genziana Le Piane

 

Paolo Ruffilli
Un’altra vita
Fazi 2010
pp. 204, euro 18.50

Henry James, Sur Maupassant, Editions Complexe, 1987

Guy de Maupassant, Sull’acqua, Gruppo Editoriale Viator, Milano, 2011

Paolo Ruffilli, Affari di cuore, 2011

 

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