Lo Zibaldone
Punto di fuga, di Mikhail Shishkin
di Claudio Filippello
“Cos’è esistere? Sapere che sei stato? Affidare la prova di sé ai ricordi…Probabilmente, per diventare reale bisogna esistere nella coscienza, non la propria però, che è così inaffidabile, soggetta per esempio al sonno, quando neanche tu sai se sei vivo o no, bensì nella coscienza di un’altra persona. E non una persona qualsiasi, ma quella che ha bisogno di sapere che tu esisti. Vedi mia Sasen’ka, io so che tu esisti. E tu sai che io esisto. E questo fa sì che io, qui, dove tutto è alla rovescia, sia reale”.
“In ogni momento ogni essere vivente e ogni cosa recalcitra e strilla. Bisogna solo sentire questo strillo di vita in ogni cosa, in ogni albero, in ogni passante, in ogni pozzanghera, in ogni fruscio“.
Questi sono soltanto alcuni bellissimi e toccanti frammenti che ritroviamo in alcune delle tantissime lettere che Volodya, un giovane scrittore russo angosciato dall’incubo della morte, indirizza alla sua amata Sashka, una giovane donna della provincia russa.
I due innamorati, separati dalla guerra, sono uniti dalle parole che si scambiano in una fitta corrispondenza epistolare, quotidiana, che ha al centro il racconto di un amore travolgente, che non conosce barriere, ostacoli. Attraverso le lettere impariamo a conoscere più da vicino Volodya e Sashka, e non soltanto il loro amore, ma la loro vita, le loro famiglie, il loro carattere, le loro fobie, i loro pensieri, il loro senso di inadeguatezza, i loro interrogativi sul senso della vita, sulla disumanizzazione della guerra, sulla rassicurante ricorrenza della morte. A separare i due innamorati, però, non è soltanto la distanza, ma anche il tempo in cui scrivono: Volodya scrive le sue lettere dal fronte nel corso della guerra (la Guerra dei Boxer: novembre 1889 – settembre 1901) mentre Sashka risponde alle lettere del suo amato fin quasi ai giorni nostri, in una sorta di varco spazio – temporale in cui, talvolta, le lettere rimangono senza risposta. Un legame, il loro, che diventa, purtuttavia, sempre più avvolgente e totalizzante, lettera dopo lettera.
“Punto di fuga”- già vincitore del Big Book Prize nel 2010 – in uscita, per la prima volta in Italia il 3 marzo 2022 per “21 Lettere”, è il romanzo che ha fatto conoscere al mondo Mikhail Shishkin, considerato, unanimemente, uno dei migliori scrittori russi viventi (Per il Guardian, il migliore).
L’autore, vincitore di numerosi premi letterari, tra i quali il premio Grinzane-Cavour, con Calpevenere, tradotto in più di trenta Paesi, fiero oppositore del regime Putiniano e della più recente invasione dell’Ucraina, vive oramai stabilmente in Svizzera.
Punto di fuga è uno dei romanzi più belli di Shishkin, forse quello che più lo avvicina alla migliore tradizione russa, in un viaggio in cui si incontrano Democrito, Dostoevskij, Gogol, ma dalla quale, al contempo, si emancipa per aprirsi ad un abbraccio più vasto, corale, che non conosce confini ideologici. Un romanzo dalla forza narrativa dirompente, capace di rendere palpabili le emozioni, che ci induce a fare i conti con ciò che alberga in noi, con ciò che ci rende umani.
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