Primo sangue, l’ultimo libro della Nothomb

di Loredana Simonetti

Si può pensare che qualcuno metta sotto pressione la scrittrice Amélie Nothomb, per farle produrre ogni anno, puntualmente nel mese di febbraio, il suo ultimo libro, sempre atteso con partecipazione dai lettori che stimano la scrittrice.

Dal suo primo libro di successo, Igiene dell’assassino nel 1992, questo evento non è mai stato disatteso, e, ancora una volta, l’appuntamento annuale con Amélie fa riflettere: forse se avesse avuto più tempo a disposizione sarebbe stato un libro perfetto.

Con l’abituale leggerezza che la contraddistingue, Amélie racconta la vita di un bambino senza padre, con due nonni agli opposti e troppi zii presenti che ne formeranno il carattere intraprendente. Nella seconda parte del libro, forse con una scrittura un po’ veloce, il ragazzo ormai cresciuto si cimenta in un’attività diplomatica molto impegnativa, confermando, nella storia, di essere il padre di Amélie, Patrick Nothomb, scomparso nel 2020. Il finale, in stile nothombiano stupisce e fa sorridere.

Anche questo risvolto fa riflettere: la perdita di un genitore, di qualsiasi età, è un dolore profondo e questo potrebbe aver accelerato il ritmo nel concludere la storia e non soffrire ulteriormente.

Molto di buon senso una riflessione che Amélie racconta del padre, nei riguardi del sesso femminile.

“Mai innamorarsi di una donna senza averla vista arrabbiata. L’irritazione rivela la personalità profonda di ognuno. Tutti possono infuriarsi, ma c’è un abisso fra una sana arrabbiatura e il broncio dell’offeso. Quest’ultimo annienta in me ogni forma di idealizzazione.”.

Non saprei dire se questo libro sia tra i migliori di Amélie, ma sicuramente scrivere di un genitore è uno sforzo importante e, qualunque sia stato il risultato, è ammirevole che lei lo abbia fatto rispettando le origini paterne, senza mai rinunciare alla sua scrittura, capace di tradursi in sorrisi e dolori.

Primo Sangue
Amélie Nothomb
Trad. Federica Di Lella
Voland
Febbraio 2022
pp. 120
€ 16,00