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Opere prime: “Papaveri rossi” di Giuseppe Messina, la descrizione di un’epoca in un romanzo familiare

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ERRATA CORRIGE: Pubblichiamo la versione corretta dell’articolo di Teresa Madonia che sarà pubblicato sul prossimo numero di Leggere:tutti (n. 108, pag. 86), dove è indicato il nome sbagliato dell’autore. L’autore del libro Papaveri rossi (Kimerik)  è infatti GIUSEPPE MESSINA e non Giuseppe Madonia. Ce ne scusiamo con l’interessato e con i lettori.

Opera prima. Quel campo di papaveri  nella campagna del sud
“Papaveri rossi” di Giuseppe Messina  contiene la descrizione di un’epoca, l’esaltazione delle tradizioni familiari, la rappresentazione di una città, Foggia, e dei suoi usi e costumi.

Da un campo di papaveri, immerso nella campagna della provincia foggiana, scaturisce una “favola” di vita intensa e appassionata. Sì, una favola! Così l’autore, Giuseppe Messina, la definisce: una narrazione vivace, leggera e coerente di alcuni momenti della sua infanzia e adolescenza, fino all’affacciarsi nell’età adulta. Bambino, visse la seconda guerra mondiale e assistette alla detenzione del padre in un campo di concentramento pugliese e, al procedere del racconto, il lettore capirà quanto queste esperienze abbiano segnato la sua vita, come quella di molti suoi coetanei.
“I volti intorno recavano i solchi profondi del dolore, della morte, della rassegnazione: negli occhi di alcuni, che si giravano al nostro passaggio, balenavano piccole luci di speranza per il nuovo domani. Di certo, molti intuivano il motivo del nostro viaggio e allora il volto si distendeva in un sorriso buono, di incoraggiamento. […]Oggi, ripensando a quei sorrisi e a quel gesto, insieme a un’infinita gratitudine, mi prende la rabbia per gli uomini che quei sentimenti non conoscono, e costringono altri uomini, troppi uomini, a combattere contro i propri simili all’improvviso dimentichi dell’umanità che possiedono e, per assurdo, pronti ad assalire, a uccidere.
La terribile verità è che i potenti manovrano a piacimento i destini e l’animo dei popoli, incapaci di reagire a queste violenze e spesso, invece, capaci di tirar fuori dal profondo dell’anima, la voglia di rivalsa, la volontà di vittoria, l’inaudita necessità della ferocia: in una catena senza fine”.
Il rosso dei papaveri è, quindi, il rosso del sangue versato, allora, come nelle guerre dei nostri giorni.
È il rosso dell’emergenza, quella di esprimere ciò che brucia dentro ogni uomo, i rimpianti per ciò che non è stato, le aspettative, i dubbi sul futuro… Nelle parole di Pinuccio, protagonista indiscusso di un “romanzo familiare”, si può immedesimare ogni lettore che, dopo aver vissuto un’esperienza difficile, trova la forza di rialzarsi e guardare avanti con nuova speranza. È la magia della vita, se non la sua leggerezza a cui tendere e anelare, come Pino stesso insegna nelle ultime pagine.
Questa opera-prima non contiene solo ricordi dell’esistenza di una persona, che in moltissimi brani passa addirittura in secondo piano, ma la descrizione minuziosa di un’epoca, l’esaltazione delle tradizioni familiari, la rappresentazione di una città, Foggia, e dei suoi usi e costumi, la disperazione per un conflitto inutile e ingiusto, la gioia e il coraggio della ricostruzione.
E poi, ancora, la denuncia chiara e tenace per i problemi in cui versava la società di allora, rapportati a quelli della società contemporanea. Come non accorgersi del declino inevitabile verso cui andiamo?! Per fortuna, però, c’è il favonio, il vento che proviene dalla terra dei Faraoni, che si sente soffiare leggero e caldo fin dalle prime pagine, che spazza i cattivi pensieri e le angosce ed è compagno di “viaggio” di Pinuccio e della sua affabulazione.

(Teresa Madonia)

Giuseppe Messina
Papaveri rossi
Kimerik, 2016
pp. 302, euro 16,30

 

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