Poesia
Noi viaggiamo vicino
Chiediamoci a cosa servono le recensioni. Se in questo oceano di chiacchiericcio, dentro cui la parola è svenata o drogata, ha senso scrivere indicando un’opera che ha una lucciola maestra dentro. Qui, sopra questa scrivania nomade ho dimorato ore per attraversare Noi viaggiamo vicino. Toccare con il dito la sua ultima goccia d’inchiostro è stato ricevere un’orchestra aurea da custodire interiormente e da trasmettere. Come atto politico, sociale, culturale, poetico: che è un filo plurale inscindibile, per me.
Continuo da anni a scrivere le mie briciole come atto di resistenza contro la grande macchina editoriale, contro il mercato del chiacchiericcio, contro un individualismo autoreferenziale che non ha consapevolezza del genere e del noi. E del lavoro umile, sussurrato dall’ombra.
Quest’opera è un capolavoro. La casa editrice vive a lato della grande editoria: ha pubblicato un tesoro.
Il titolo ha la sua potenza comprensibile dopo la mappa finale. L’opera raccoglie le visite non guidate in giornata ai paesini delle nostre montagne, alla ricerca di non so che o quasi. Già dall’introduzione, Maria Luisa Bompani ci consegna il registro colloquiale dell’opera e l’orizzonte del suo passo. E nella nota approfondisce con passetti di scrittura sottili, non esili, precisi come vertici di diamante. Si aprono capitoli straordinari in cui Bompani compone lentamente, caldamente, il suo viaggio in un modo significativamente rivoluzionario:
- rovescia l’enfasi del lontanissimo luogo, dell’idealizzato esotico: rientra pacatamente nelle radici culturali del territorio nativo, con disincanto e meraviglia, allo stesso tempo.
- apre il quotidiano nella stupefazione dell’incontro, con il rudere, con la memoria, non giudicando, non affondando nel commento personale ma mantenendo un respiro personale, concentrato, attento, discreto, intimo.
- abbraccia il senso terragno della propria identità, senza enfasi, consapevole della propria pesantezza ma sempre tenacemente volta al piacere del minimo.
- benedice, cioè dice bene, la diversità, per esempio tra lei e il compagno Franco, di nome e di fatto, avendone riconoscenza amorevole, senza sentimentalismi, né idealizzazioni.
- rende protagonisti silenziosi l’auto Qubo e Franco, senza ritrarli.
- riesce a imprimere nell’opera un passo, un ritmo mite, caldo, un senso coinvolgente della narrazione che, di fatto, non ha trama, ma solo movimento. Movimento interiore e movimento in ciò che è vicino.
- significa la sua poca vista con liricità asciutta: vediamo attraverso i suoi occhi il mondo nel piccolo.
Non siamo di fronte alla banalizzazione evocativa e nostalgica di lodatissimi poeti che strumentalizzano i piccoli borghi per porgersi come alternativi. Siamo con una scrittrice colta e umile che porta il suo femminile in terra, riprendendo la cura del filo nella relazione, ascoltando qua e là le rare persone del borgo, accogliendo la conversazione, nel piacere di un’umanità che pur nella fugacità si fa presente e calda.
Siamo nel qubo con Franco e Maria Luisa tra curve e salitissime, entrando in chiese diventate ospizi di gatti, trattorie odorose, case sfinite animate.
Anche la fotografia è esemplare: contro ogni spettacolarizzazione, di solito utilizzata per esaltare i luoghi del viaggio.
E’ quello che è. Si è quello che si è. In una maturità di anni dichiarata.
Il pregio di quest’opera è nella sua lievità, nell’accezione di Cristina Campo. Quella lievità che ha in sé la miniera sofferta di un’intera esistenza lavorata nello studio e nell’ascolto del sé, quella lievità che riesce a librarsi dal fango. Che sia mangiando gustosi cuori di cucina, che sia apprezzando il meglio dell’altro, che sia muovendosi nella luce dei propri occhi.
Riporto due gioielli:
È probabile che io abbia una struttura interiore a paesini, che le molte anime di me vogliano un poco di case attorno, e gente che ti conosce, ospitale quanto basta e gentile. È probabile che le molte in me si siamo sentite sole, una volta per sempre, e per sempre abbiano desiderato, senza sapere perché, di non esserlo più. (p.25)
I sassi, si sa, sono sculture dell’acqua. (p.83)
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Maria Luisa Bompani,
Noi viaggiamo vicino
Incontri editrice 2020
pp.125, Euro 15,00

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