Connect with us

Lo Zibaldone

Nell’arte e nella vita: magia

Published

on

Dal romanzo d’avventura alla commedia, dal dramma al romanzo giallo, dal romanzo epistolare al racconto, dall’atto unico al romanzo di formazione, tutte le sue opere, pur ancorate nel presente, paiono misteriosamente appartenere ad un’altra epoca della scrittura

 

Romanziera, drammaturga ed esteta, Lodovica San Guedoro vive  tra Monaco di Baviera e Vienna. Dal 2007 pubblica  esclusivamente  presso Felix Krull Editore, una piccola, grande casa  editrice bilingue di Monaco.

Tra le atmosfere arcaiche di Fiorelluccia, una fiaba siciliana  e quelle squisitamente mitteleuropee che permeano L’ultima estate di Teresa Tellez  si spalanca uno stupefacente abisso…

C’è la stessa distanza, in effetti,  che separa le regioni dell’istinto da quelle della ragione, la sensualità infantile dal sentimento adulto, l’abbandono all’ebbrezza di vivere e la volontà di capire e di mutare l’esistenza umana, la gioia e la sofferenza.  Un albero non si nutre solo attraverso le sue radici, ma anche attraverso le sue foglie, che generalmente si trovano in una sostanza più rarefatta della terra. Un’anima multiforme e ricca di fermenti vitali, per espandersi, cerca il nutrimento a lei più consono dove lo può trovare, talvolta molto lontano dalle sue origini. Per non parlare dei ritorni: mia madre, una siracusana, aveva il biondo viso della Ute del duomo di Bamberga. Le mie radici affondano in una Sicilia antica e fanciullesca, fantasiosa e intuitiva, vitale e poetica, pregna di forti sensazioni e di umori, di caratteri originali e bizzarri, questo era il mondo dei miei nonni, ma anche in una città variopinta, tumultuosa e brillante quale Napoli, dove sono nata e  vissuta fino al tredicesimo anno di età.

Quale genere letterario predilige?

Il genere del momento, quello che un determinato contenuto esige per erompere alla luce, e  mi calo in esso come lo avessi sempre conosciuto, anche se è la prima volta che lo impiego, perché è una forma innata.  Ma la varietà delle forme non è che la metamorfosi giocosa di una stessa universale onda poetica. La poesia è la cosa che mi è più cara di tutte, anche nella vita, è il suo fascino inevitabile, e se non c’è, la invento.

La semplicità forte della scrittura di Fiorelluccia mi suggerisce una parentela letteraria con Omero e Tolstoj…

Davvero? Sarà dovuta proprio all’ambientazione arcaica.

Cosa si è prefissa di dire attraverso questa fiaba?

Nulla. Il personaggio e le sue gesta sono scaturiti del tutto inconsapevolmente, di getto e senza piano, da strati profondi. Contuttociò la fiaba è pregna di significati, sui quali a posteriori mi sono interrogata anch’io.

Fiorelluccia è un essere eccentrico, con tratti di ferocia, dall’insaziabile voracità…

…come scaturito dall’inferno per devastare l’ordinata vita dei suoi nonni, benché si dica che è stata lasciata da una figlia partita per l’America. E’ una creatura immorale e amorale, affine al fauno, al coboldo, simile a un burattino maligno, chiusa e torva come un feticcio,  fino all’ultimo s’ignora cosa si muova dietro la sua fronte. Ancor più che precristiana, è preumana.  Non conosce l’allegria e la comunione coi suoi simili, non ha altri sentimenti che la rabbia, altra intelligenza che quella pratica per condurre a buon fine le sue ladronerie, altra volontà che la determinazione a rubare per soddisfare la sua fame primordiale e senza fondo. Abita le macchie, le chiome degli alberi, chissà che recessi dell’aranceto, dorme sui tetti. Non fa quasi uso della parola, è un silente mistero, è sola.  Spira da lei, in ogni caso, una certa selvaggia potenza.

Nel  testo del volumetto, molto grazioso e curato,  si ripete, cadenzato, un arabesco…

Quel convolvolo è Fiorelluccia, che ne possiede la stessa vitalità molesta,  le stesse attitudini infestanti. L’arabesco, dopo la parola fine, si raddoppia specularmente: è perché, per la disperazione dei due vecchi, ha fatto ingresso nella storia, proveniente da chissà dove, come scaturito anche lui da un  atto di stregoneria, Camillo, una seconda Fiorelluccia, in calzoni, altrettanto affamato e determinato a colpire.

Mio Dio! Ma ora perdoni la mia curiosità: chi è quella Nellina, a cui ha dedicato la fiaba?

Questa della dedica è anche una storia un po’ magica. Nellina è una mia cugina, ma dell’età di mia madre, che io non avevo mai incontrata in vita mia e con cui sono venuta in contatto solo pochi mesi fa, mentre andavo alla ricerca, tra parenti, di istantanee di famiglia per una autobiografia fotografica che progettavo. Durante una telefonata, mi ha svelato di aver trascorso tante estati della sua infanzia nella stessa campagna dei miei nonni in cui le avevo trascorse io stessa. Ma quello che più ancora mi ha colpita è stato apprendere che anche lei l’avesse tanto amate, quella campagna e quella casa, e inoltre struggentemente vagheggiate, dopo essersene dovuta allontanare per sempre alla stessa  età in cui  me ne ero allontanata anch’io per sempre, intorno ai vent’anni. Mi è parso ella fosse una me stessa che mi avesse preceduta nel tempo.

A questo punto, so anche chi è la ragazzina selvaggia che appare nell’ovale di copertina.

Mi viene da ridere… No, si sbaglia, quella non è Nellina, ma è sempre una parente, una mia zia, oggi centenaria. Metamorfosi di uno stesso spirito infantile, probabilmente stimolato dal contatto con le stesse persone e cose.

 

Intervista di Velia Viti

www.felixkrulleditore.de

 

Continue Reading
Click to comment

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply

Copyright © 2020 Leggere:tutti