Lo Zibaldone
Monnezza amore mio
Tomas Milian compie 82 anni e decide di raccontarsi a ruota libera, senza nascondere niente della sua vita, partendo dalla tragica morte del padre (un generale di Batista suicida), passando per la fuga da Cuba in direzione Actors Studio, arrivando al successo italiano e concludendo con il triste ritorno negli Stati Uniti. La biografia – sincera e limpida come poche – si legge come un romanzo, non è facile staccarsi da pagine così ben scritte e suggestive, soprattutto per chi è stato fan di un attore capace di inventare battute epocali. Tomas Milian non fa passare niente sotto silenzio, neanche una bisessualità che gli è servita per entrare nel mondo del cinema, neanche il rapporto difficile con la famiglia e con un figlio riconquistato dopo cinque anni di abbandono. Non tace neppure sul consumo di droga, la crisi provocata da alcol e cocaina, la vocazione mistica conclusa con il viaggio in India. E su tutto aleggia quel film americano, da sempre vagheggiato, dal giorno della fuga da Cuba, per concludere che la sua America è stata Roma, che il suo vero personaggio resta il Monnezza. Sono molti i film americani, interpretati nella parte terminale della carriera – da Traffic a The Lost City – ma niente come il suo alter ego borgataro è riuscito a dargli celebrità. Nonostante il cinema d’autore – Bolognini, Visconti, Antonioni… – Tomas Milian resta nell’immaginario collettivo come il Monnezza (Nico Giraldi è un nome di comodo), che nel libro funge da seconda voce, schietta e sincera, per creare la finzione del dialogo tra attore e personaggio. Tomas Milian da buon cubano racconta la sua verità, com’è giusto che sia, perché il libro è la sua biografia, non un saggio di cinema. Una verità che non piacerà a Dardano Sacchetti e Umberto Lenzi, che per anni si sono disputati la paternità del Monnezza, perché l’attore afferma di essere l’inventore del personaggio, di aver scritto dialoghi e battute, di aver ideato look, smorfie, parolacce, rime baciate, imprecazioni. Peccato che nel libro non ci sia spazio per Ferruccio Amendola, doppiatore che ha contribuito al successo di Milian, mentre Bombolo e Quinto Giambi sono citati e omaggiati a dovere. Manlio Gomarasca ha fatto un lavoro egregio, conferendo uno stile perfetto ai ricordi di Tomas Milian, un libro che teneva nel cassetto da almeno quindici anni e che è venuto fuori al momento giusto. Un gioiello. Imperdibile per gli appassionati.

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