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Mondadori compra Rcs Libri: l’opinione di una libraia indipendente

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Sul numero 100 di “Leggere:tutti” in edicola a metà novembre pubblicheremo una mini inchiesta che registra le reazioni del mercato all’acquisto della Rcs Libri da parte di Mondadori. Tra gli interventi, quello della titolare della storica libreria Fahrenheit 451 di Campo dei Fiori a Roma ci ha particolarmente colpito per lucidità d’analisi, drammaticità dei toni e valore di denuncia. Abbiamo quindi deciso di riportarlo integralmente per aprire una possibile finestra di dibattito con altri esponenti del settore editoriale ed i nostri lettori attraverso i commenti. Aspettiamo le vostre opinioni.

 

Intervento di Catia Gabrielli titolare della Libreria Fahrenheit 451 di Roma

(Testo raccolto da Marco Piscitello)

“È oramai sicura la fusione Mondadori-Rizzoli, la nuova concentrazione monopolistica “Mondazzoli”, e parte del Paese si alza in piedi, stupito e preoccupato, interrogandosi sulle sue pericolose conseguenze per il mondo dell’editoria.

È chiaro, anche a me questo rafforzamento monopolistico non piace affatto, ma mi fa sorgere un dubbio: si tratta davvero di una novità? O è un replay di qualcosa già successo? Come mai tutta l’opinione pubblica diventa così sensibile alla nascita (pericolosissima) di “Mondazzoli” e poco e nulla ho sentito sulla concentrazione di poco più di un anno fa della “Messaggerelli” (Gruppo Messaggerie-Feltrinelli)? La tragica realtà è che il nostro mondo agonizzante fa i conti con una pesantissima concentrazione nelle mani competitive di due grandi poli che si spartiscono, ormai, tutto il mercato: nuovo e reimainders. Tenendo nelle proprie mani la produzione-distribuzione-vendita finale al dettaglio. Per il resto (parlo del mercato indipendente editoria-distribuzione-librerie) non c’è più spazio a meno che non ci si assoggetti totalmente (Se a loro va bene! Altrimenti si viene allegramente divorati da uno o l’altro dinosauro carnivoro).

Questa rafforzamento sembra mirare all’egemonia di mercato e ad affrontare il problema della competizione con il colosso internazionale Amazon: è “la resa dei conti” del processo di “ingrossamento” più che ventennale di questo settore, realizzata con la responsabilità pressoché totale di tutte le autorità politiche. Sia di chi ha governato che di coloro che, da fuori, hanno lasciato che tutto ciò accadesse.

Oggi questo pianto, questa improvvisa paura delle conseguenze, già da tempo in atto in realtà, mi vede partecipe ma suona un po’ falsa.Richiama i vecchi proverbi: “inutile chiudere la porta dopo che sono usciti i buoi”, “inutile piangere sul latte versato…”

Questo non vuol dire che non ci possano essere soluzioni. Ma qualsiasi soluzione indipendente senza un intervento puntuale dello Stato – cioè sorretta da una regolamentazione precisa, seria: una legge che non sia come la mediazione Levi, dettata appunto dai poteri forti e che non ha saputo produrre nulla se non lasciare nelle mani dei poli dominanti tutta la gestione del mercato – beh, diciamolo, ha il sapore di una presa in giro. Non posso pensare al pericolo di “Mondazzoli” senza mettere a fuoco quello della joint venture Emme-Effe che riguarda la totalità della filiera dell’editoria. Emme, per chi non lo sapesse, è la sub-holding del gruppo Messaggerie (il più importante nella filiera distributiva). La società Emmelibri fa capo alla holding finanziaria Messaggerie libri di Giornali, Riviste e Libri SPA. Ad essa sono legate società partecipate come Fastbook (distribuzione grossista), Mantegna, a quanto ne so (distribuzione grossista scolastico), Opportunity spa (reimainders), Ibs (vendita on-line e librerie di catena al dettaglio di nuovo e reimainders), Il Libraccio, Ubik e Informazioni Editoriali.

Messaggerie dalla sua nascita ha acquisito e fatto propri molti editori come Longanesi e il gruppo Guanda, Salani, Tea, Utet. Il gruppo Corbaccio, Garzanti, Ponte alle Grazie, Vallardi. Bollati Boringhieri, Chiare lettere ed ha partecipazioni in altre case come Laterza e Carocci. Se “Mondazzoli” e il suo controllo sono fortemente preoccupanti, l’altro polo, “Messaggerelli”, con le mani in tutte le parti della filiera lo è ancora di più. Con la fusione Messaggerie-Pde-Feltrinelli si è arrivati a livelli ulteriormente raffinati di dominio, come l’immagazzinaggio dei cataloghi degli editori distribuiti e non di proprietà. Cioè il controllo totale di ogni loro movimentazione, anzi, l’annullamento di qualsiasi forma di movimento indipendente. Tutto deve passare per le mani del Gruppo. Figurarsi immaginare un avvicinamento diretto ed esclusivo tra editori indipendenti e librerie indipendenti!

Tutti, sia editori che librai, dobbiamo stare alle regole dettate dai colossi: non ci può essere contrattazione, ma solo il ricatto del più forte. Se non ti adatti alle sue regole e ai suoi miseri sconti non puoi trovare altre strade, per avere una distribuzione capillare nazionale se sei editore, né avere i libri di cui hai bisogno, contrattando uno sconto adeguato all’acquisto e alla particolare esigenza, se sei libraio o distributore indipendente grossista (categoria ormai quasi del tutto scomparsa in tutto il territorio nazionale). Ogni cosa viene decisa e regolata dal più forte con le regole che si è scritto e che le inefficaci leggi sull’editoria non toccano affatto, anzi. Il risultato, sotto gli occhi di tutti, è che non hanno fatto altro che imporre il loro potere con una prepotente scontistica sul mercato che gli indipendenti non possono affrontare e contrastare.

“Mondazzoli” a poco più di un anno di distanza sembra essere una risposta, un adeguamento alla precedente voracità esclusivista della “Messaggerelli”, volendo dare dei nomignoli agli attori della tragedia.

L’AGCM, dopo aver costituito, ad ottobre 2014, un’istruttoria per la joint venture Emme-Effe, a dicembre 2014 ne ha poi autorizzato la costituzione preoccupandosi soltanto, per quell’evidente enorme polo dominante della distribuzione editoriale, di garantire le stesse condizioni preesistenti sia per i piccoli e medi editori che erano già distribuiti sia per quelli che intendono avvicinarsi al colosso.

Sulle conseguenze di questa concentrazione bipolare per l’intera filiera, invece, l’AGCM sembra incapace di una messa a fuoco.

Credo, più in generale, che la miopia che colpisce sia il nostro settore che “l’esterno” – l’incapacità di leggere queste trasformazioni ormai di lunga data e di trovare ad esse un’alternativa-  sia dovuta allo stesso meccanismo complicato e segmentato dell’editoria, estraneo ai più e forse anche a tanti di  noi, concentrati come siamo ognuno nelle problematiche della proprie specificità. Non posso però esimermi dal pensare che in questo Paese si sia di fronte ad un’evidente complicità, politica e intellettuale, con i poteri forti. L’editoria, per la sua importanza, è un boccone troppo succulento e interessante: evidentemente è bene stare al suo interno e muoversi nella sua corrente.

Perché l’Italia non ha approvato una legge come quella francese, la ben più civile Lang che impone il rispetto delle regole di sconto massimo del 5% per tutti? Bisogna sottolineare che ad essa si devono adeguare anche i monopoli come Amazon che non possono offrire sconti più allettanti. In Germania lo sconto è zero. In entrambi questi Paesi, a parte le difficoltà economiche derivanti dalla crisi internazionale, la vivibilità delle librerie indipendenti è di gran lunga maggiore rispetto al nostro, dove noi librai indipendenti moriamo uno dopo l’altro nell’indifferenza generale, anche di chi ci frequentava in passato ed ora, “per necessità”, si è rivolto agli acquisti più veloci e allettanti on-line e nei supermercati. Dobbiamo addirittura ringraziare di avere una legge mediocre come la Levi: di fronte all’alzarsi del livello della critica nei suoi confronti, a febbraio abbiamo rischiato persino che venisse ridiscussa e abrogata nel DDL sulla Concorrenza. Con il rischio di una spietata liberalizzazione. La realtà è che questa legge, con un tetto di sconto troppo alto per la media dello sconto librario (che è del 30% lordo, circa 25% al netto …anche un po’ meno), è, ripeto, a dimensione solo delle grandi concentrazioni che possono affrontare, per diversi fattori, un 15% troppo alto per noi.

Quindi pensata e fatta per loro. A noi non resta che attaccarci ai suoi articoli come a un salvagente per non affogare; e la minaccia del DDL sembra quasi più funzionale a imporne la sua accettazione come unica alternativa.

Senza l’intervento di una sana legislazione temo non riusciremo ad affrontare il disastro. Certo non sarà semplice in un mercato libero come il nostro. E’ difficile tornare indietro da determinati processi. Ma bisogna offrire una regolamentazione che obblighi a pari opportunità di vendita, REALI; perché è evidente che la competizione con il grande editore o proprietario di gruppi editoriali, in tema di scontistica e visibilità di mercato, è impari. Uguali regole e opportunità di offerta darebbero la possibilità di vita a due mercati paralleli. Quello maggiore, che resterebbe più di “novità” ed editoria di largo consumo, e quello minore con piccole e medie librerie indipendenti più sensibili alla bibliodiversità. Ci sarebbe posto per tutti e di certo i colossi continuerebbero ad avere di che riempirsi la pancia. Mentre noi avremmo lo stesso i nostri “più sobri” pasti. Diversificati.

Il Ministro della Cultura Franceschini ha detto che è personalmente preoccupato della fusione Mondadori-Rizzoli, ma che lo Stato non può e non deve intervenire perché è materia dell’Antitrust. Credo sia un errore, se di errore si deve parlare.

Mi sembra che una dichiarazione di questo tipo rientri nel discorso che ho sopra esposto. Lo Stato ha il dovere di intervenire, perché sebbene il mercato sia libero deve bilanciare le disparità spaventose di costi e ricavi tra un colosso e una piccolissima impresa. Se non lo fa sarà complice e responsabile delle conseguenze.

Pertanto dovrebbe agire con sgravi fiscali per il settore indipendente delle piccole imprese, offrendoli ad esempio anche a chi dà in locazione a un prezzo di “equo canone” ad attività penalizzate come l’artigianato e il nostro disperato settore editoriale.

Questo potrebbe essere un punto di partenza: un po’ di ossigeno per evitare il disastro delle chiusure continue di librerie, editori e attività artigianali; dei negozi vuoti e sfitti; delle persone con competenze di una vita rimaste senza lavoro e possibilità future perché biologicamente fuori mercato; dei giovani che desiderano intraprendere un mestiere straordinario come quello di editore e librario il cui sogno si restringe giocoforza alla possibilità residuale di fare impersonalmente, a rotazione, il commesso in un supermercato.

E a questo proposito bisognerebbe anche interrogarsi sul senso di una formazione come quella della scuola dei librai, guarda caso ideata da uno dei due colossi, Messaggerie, che però sembra in netta contraddizione con il reale mercato editoriale, dallo stesso colosso influenzato, che non offre il minimo spazio alla creazione di piccole realtà indipendenti.

Ne guadagnerebbero anche i lettori da un sistema diverso. Non più specchietti per allodole con miraggi di grandi sconti e affari, ma un’editoria che abbasserebbe i prezzi a monte, non necessitando più di alzarli per far fronte alla scontistica imposta dalle leggi spietate di un mondo retto dai colossi. Non ultima l’immagine di un paese, migliorerebbe. Penso alla mia città, Roma. Sempre stupenda sì, ma violentata, abbrutita, impoverita e arrabbiata. Nelle sue strade file di negozi vuoti, sfitti. Per mesi, anni. Che aprono e poi chiudono poco dopo. Terreni fertili per investimenti inquietanti e riciclaggio, o attività commerciali spesso di basso livello limitate al settore alimentare. Impoverimento dell’offerta e livellamento verso il basso della domanda. Senza noi librai e il nostro lavoro non manca la sostanza, l’immagine della parte migliore del nostro Paese? Non ne perdiamo tutti?”

 

 

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