Lo Zibaldone
Mario Petillo. “James Hook. Il pirata che navigò in cielo”
Mario Petillo (Salerno, 1990) è uno scrittore e sceneggiatore. Ha scritto e diretto nel 2015 il cortometraggio “Le coppie hanno i baci contati” ed è stato finalista al Premio “Solinas” con la web serie 02.37 (2016). “James Hook. Il pirata che navigò in cielo” (Scatole Parlanti, 2019) è il suo primo romanzo.
«Ci presenti il tuo nuovo romanzo James Hook. Il pirata che navigò in cielo?».
Mi piace dire che è un romanzo storico, una storia che spinge un personaggio di fantasia a calarsi in una realtà storica. James è un personaggio che volevo riabilitare agli occhi del pubblico: mi è capitato diverse volte di ritrovarmi a Kensigton, vicino la famosa statua di Peter Pan, e ho sempre pensato che si stesse idolatrando e beatificando un folletto dispotico e pregno di aspetti negativi. Ho sentito la necessità di dare un risvolto a questa medaglia: ci ho messo tanto, quattro anni di lavoro, ma ho avuto la necessità di recuperare elementi che non sono stati di facile ricostruzione.
«Che cosa ti ha affascinato della storia di James Hook a tal punto da volerne scrivere un libro?».
Il suo essere un vinto, quindi apparentemente uno di noi. La differenza che intercorre tra James e la maggior parte di noi è che lui ha preferito lottare, ha messo da parte quello che oramai aveva perso e ha provato a ricominciare da zero. Ha convinto una ciurma di pirati, ha costruito – praticamente – un esercito e lo ha portato a combattere una battaglia che per quanto fosse persa in partenza, lui sperava di poter vincere. È stato quasi stoico in tutto quello che ha fatto e nonostante alla fine abbia dovuto cedere il passo a tutti i sentimenti negativi che popolano questa terra, almeno potrà dire di averci provato. È un vinto che non hai mai voluto darsi per tale.
«So che per essere il più attendibile possibile nella parte di storia di James Hook che si svolge a Crowthorne, hai trascorso un periodo di tempo nel Berkshire per documentarti al meglio. Per uno scrittore viaggiare nei luoghi dove è ambientato il proprio romanzo e immaginare i personaggi interagire con l’ambiente è una grande emozione. Che ricordi conservi di questa esperienza?».
Ho dei bellissimi ricordi. Racconto spesso questo aneddoto legato al mio arrivo. Prima di partire per Crowthorne mi sono preoccupato di avvisare il sindaco del luogo, approfittando del fatto che stessi andando in una cittadina non così grande e popolosa. Grazie alla totale disponibilità da parte dell’amministrazione ho avuto a mia disposizione una stanza intera della biblioteca cittadina dopo l’orario di chiusura per poter studiare tutta la storia del luogo. Ad accogliermi c’era una signora anziana da vero stereotipo inglese: molto à la Angela Lansbury. Quando mi ha visto per la prima volta ha detto a una signora che era accanto a lei “questo è il signore che sta scrivendo un libro su di noi”. È stata una scena molto emozionale. All’uscita dalla biblioteca, alle sette di sera, dopo essermi perso tra i nomi dei vari briganti, dalla cronaca locale e dalla storia di come fu accolto il benefattore che fondò la prima scuola elementare a Wokingham, c’era un anziano signore che suonava una fisarmonica e aveva un cappellino quasi da circense in testa. Sarebbe diventato il mio Spugna quella sera stessa. Confesso che mi piacerebbe molto se un giorno qualcuno, spinto dalla curiosità, decidesse di andare a riscoprire quei luoghi, a guardare la collina sulla quale ho deciso di collocare la casa d’infanzia di Capitan Uncino e quella strada che ogni mattina faceva James per andare a scuola a Wokingham, quel tratto sul quale, poi, ha conosciuto Spugna per la prima volta. D’altronde nessuno mai aveva osato pensare o collocare i primi passi del pirata più temuto della letteratura di sempre in qualche posto ben preciso. Non sono mai più tornato a Crowthorne, né ho mai più avvisato il sindaco di cosa stessi scrivendo e cosa è stato poi pubblicato, ma probabilmente dovrei farlo.
«Capitan Uncino è un antieroe amato da gran parte dei lettori di Peter Pan di J. M. Barrie, e la sua incredibile caratterizzazione offusca spesso la figura del bambino che non voleva crescere. Nel tuo romanzo mischi le carte in tavola e presenti un Peter Pan non più eroe senza macchia ma, anzi, essere iracondo e despota, mentre Capitan Uncino è mostrato in tutto il suo arco vitale fatto di speranze infrante e di perdite incommensurabili. C’è una profonda riflessione sulla natura del male e del bene, e sulla loro relatività. Qual è il messaggio che hai voluto trasmettere attraverso la tua opera?».
Faccio una premessa importante: non voglio giustificare il male, né spingere qualcuno a pensare che abbia voluto realizzare una filippica in favore di un criminale. È vero che James è stato un pirata, ha partecipato a gran parte degli arrembaggi firmati Edward Teach e ha portato con sé, a Neverland, un gruppo di manigoldi e di squinternati che avevano fallito nelle precedenti vite, riciclandosi come pirati. Il mio obiettivo era dare una giustificazione a tutti loro, soprattutto a James. Lui non aveva costretto nessuno: aveva solo fornito loro un ideale diverso. La stessa cosa l’ho fatta io: ho fornito al lettore un ideale diverso, senza costringerlo a credere a quello che ho raccontato. L’ideale, in questo caso, è che forse rimanere giovani per sempre non è la soluzione a tutti i nostri problemi: arriva un momento in cui bisogna decidere e accettare di affrontare l’età che avanza e anche le problematiche che ci si trova dinanzi. Peter Pan, in un simbolismo che si può declinare anche nella nostra vita, è un ostacolo sul percorso: non va aggirato, ma affrontato.
«James Hook. Il pirata che navigò in cielo è a oggi la storia più completa sulla vita di Capitan Uncino, ed è l’unica che rispetta i due elementi che J. M. Barrie aveva dato in riferimento a Hook: era stato il nostromo di Barbanera e aveva studiato a Eton. E proprio i rapporti di James con Barbanera, e anche con l’amico fraterno Spugna, sono da te ben indagati e approfonditi. Al di là di James Hook, qual è il personaggio del tuo romanzo che più hai amato caratterizzare, e perché?».
Vi ringrazio innanzitutto per la premessa che avete fatto, perché per me è molto importante. Tutte le storie che fino a oggi sono state proposte su James non rispettavano minimamente quanto indicato da James Barrie in passato. Penso sia fondamentale attenersi alle indicazioni date, nel rispetto di un autore che è stato molto più importante di quanto possiamo essere noi che attingiamo all’opera originale. C’è, in realtà, un terzo elemento che io non ho voluto appositamente prendere in considerazione: Barrie sosteneva che Hook fosse stato l’unico pirata che Long John Silver avesse mai temuto in vita sua. Trattandosi di un personaggio di fantasia non ho voluto mischiare le carte, quindi nell’immaginazione collettiva potremmo dire che James non sapeva chi fosse Silver, ma Silver aveva sentito parlare del ragazzo che spiccò il volo sottraendo una nave a Edward Teach, sotto i suoi occhi. Per rispondere, quindi, alla domanda dico in maniera molto scontata Spugna. Lui, più di tutti, aveva bisogno di essere riabilitato dopo il Classico di Walt Disney: doveva scrollarsi di dosso quell’aria da buffo e dozzinale omino e acquisire quella di fedele compagno di sventure di James, l’unico che è sempre stato accanto a lui. Ogni James ha bisogno di uno Spugna, d’altronde. Immediatamente dopo colloco Edward Teach: vi assicuro che avrei davvero voluto dare ancora più spazio e aria a un personaggio come Barbanera, del quale c’è sempre tanto da dire. Però non era questo il luogo adatto.
«Oltre che autore di narrativa sei anche giornalista e sceneggiatore. Cosa significa per te scrivere e raccontare storie?».
È l’unico modo che ho per ristabilire l’ordine con l’immaginazione e provare a infondere speranza. Non salverò né cambierò il mondo, ma almeno proverò a rendere più leggera la permanenza su di esso.
«Pensi di “redimere” altri cattivi della letteratura nei tuoi prossimi romanzi? Su chi ricadrebbe la tua scelta?».
Non è nei programmi attuali, quindi a meno che non succeda qualcosa di inaspettato direi che non ho altri cattivi della letteratura da riabilitare. All’uscita di James Hook qualcuno mi ha provocato chiedendomi un adattamento per Jafar, ma mi è già capitato di spiegare che sarebbe poco credibile, essendo stato Jafar un personaggio realmente esistito. Mai dire mai, ovviamente. Nel frattempo, però, nella graphic novel che sto realizzando mi sto preoccupando di riabilitare la figura di Leopold Stokowski. Ma questa è un’altra storia.
Antonella Quaglia
Titolo: James Hook. Il pirata che navigò in cielo
Autore: Mario Petillo
Genere: Fantasy/Storico
Casa Editrice: Scatole Parlanti
Collana: Mondi
Pagine: 200
Prezzo: 15,00 €
Codice ISBN: 978-88-328-11-872
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