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Mario Antobenedetto: “Un passo più in là”
Mario Antobenedetto (Roma, 1983) esordisce nella narrativa con “Il piano Tiberio” (Edizioni A.Car, 2015), un thriller storico/politico ambientato tra le mura del Vaticano, con il quale ha vinto la prima edizione del premio letterario nazionale “Ispirare la fantasia”. Pubblica poi il romanzo d’amore “Fiorisci nei miei inverni” (Edizioni A.Car, 2017) e “Un passo più in là” (Edizioni A.Car, 2019), una storia di avventura e resilienza tra le cime dolomitiche delle Pale di San Martino.
«Ci presenti il tuo nuovo romanzo Un passo più in là?».
«Secondo me è più facile leggerlo che spiegarlo, un po’ perché non è semplice inquadrarlo in un genere ben definito e soprattutto perché la storia ruota attorno a delle passioni, dei sentimenti, quindi ogni lettore può trarne un diverso significato. A me piace definirlo un romanzo di “formazione adulta” poiché il protagonista crede di avere una vita impostata e le idee chiare, ma basta poco perché questa stabilità venga meno e da quel momento lui dovrà riconsiderare e ricostruire il suo essere. Come ambientazione a questa rinascita la montagna, raggiunta come la meta casuale di una fuga e non come una scelta volontaria, e quindi, alla luce di questo particolare, ancora più catartica del solito poiché esaltata dal senso del nuovo, dal misurarsi con un ambiente prima ostile e poi quasi irrinunciabile. La storia procede per flashback, e ho scelto questo espediente proprio per svelare la trama a piccole dosi e anche per provocare un po’ il lettore, cercando di far leva sul pregiudizio, in modo che solo alla fine, con tutte le carte in tavola, si possa finalmente dare un giudizio a tutta la storia.»
«Qual è il significato del titolo del tuo romanzo?».
«È metaforico, nel romanzo acquisisce senso nelle ultime pagine. Senza dubbio racchiude in poche parole il comportamento che spesso dovremmo avere tutti nell’osservare le cose da una diversa prospettiva, per valutarle meglio e appieno. Infine è in stretta relazione con la montagna dato che spesso un passo più in là è sufficiente per mostrare dopo tanta fatica il rifugio in vista, e in quella visione spesso si trovano nuove energie per giungervi.»
«Ivan, il protagonista di Un passo più in là, è un giovane uomo dal tormentato passato, dal quale cerca disperatamente di fuggire. Chiamato “Serious Man” dalle persone che assistono al suo forzato isolamento, vive per due anni immerso nel senso di colpa e nel dolore per un evento che forse poteva essere evitato. Vuoi parlarci di questo interessante e intenso personaggio?».
«La gente di montagna gli dà quel nomignolo perché il senso di colpa toglie a Ivan la facoltà di sorridere, anche volendo si accorge di non esserne più capace, e questo la dice lunga sulla pesantezza del suo fardello. Come già detto pensava di avere delle certezze nella vita, ma il destino e la natura umana gliele sgretolano, quindi deve ripartire da zero, ne è emblematica una sua frase: “Lo sapete quando si capisce di aver toccato veramente il fondo? Quando guardi qualcuno a cui vuoi bene negli occhi e nonostante ciò riesci comunque a mentire con naturalezza. Bene, io quella sera toccai il fondo della mia personalità.”
L’arrivo in Dolomiti poi è puramente frutto del fato, Ivan è persona di mare, non sa sciare e non crede nemmeno che esista una montagna da vivere in estate, ma lui la sceglie proprio per quello, il suo io gli consiglia di non ricorrere a punti di riferimento noti. Il resto del suo percorso non si può raccontare, è più giusto apprenderlo attraverso le tante avventure che vive all’ombra delle Pale di San Martino.»
«Quali sono le tematiche affrontate nel tuo romanzo? È una storia di fantasia o hai attinto a fatti realmente accaduti?».
«La tematica principale e senza dubbio la resilienza. Un passo più in là racconta la natura intrinseca dell’essere umano di andare avanti, a ogni costo, a prescindere dalla grandezza e dalle conseguenze del trauma vissuto; siamo fatti per proseguire, diversi, ammaccati, rabbiosi magari, ma comunque pronti e vogliosi di conoscere il futuro. Può sembrare brutale, pragmatico, ma secondo me è così. Infine nella storia c’è un monito latente: cercare di non giudicare mai la vita e le azioni altrui, perché non si può mai dire di conoscere esattamente la verità delle cose, soprattutto quelle astratte, che poi sono quelle che ci incasinano più di tutte.
Per quanto riguarda le dinamiche, l’intreccio e le avventure narrate, sono tutte frutto della mia fantasia; scrivere mi concede un potere di creazione infinito e utilizzarlo come uno specchio sarebbe riduttivo, quindi sono certo che non scriverò mai nulla di autobiografico.
L’unica cosa reale del romanzo è la bellezza della montagna e in particolare dell’arrampicata, che poi è lo sport che pratico e che considero un vero e proprio stile di vita.»
«Quali sono le opere e gli autori che hanno influenzato il tuo percorso umano e professionale?».
«Ho una venerazione per i classici, in particolare: Il grande Gatsby, Cent’anni di solitudine, Chiedi alla polvere e La coscienza di Zeno.
Mi piace la filosofia di Kant.
Di opere più recenti tengo a citare: Il nome della rosa, Il pendolo di Foucault e la trilogia century di Ken Follett, che stilisticamente rappresenta senza dubbio il mio punto di riferimento: descrittivo e coinvolgente.»
«Cosa significa per te scrivere e raccontare storie?».
«È un atto naturale come respirare. Inventare per me è la normale prosecuzione del mio essere e non posso far altro che assecondarlo. Forse sarà che nella vita sono abbastanza schivo e poco loquace, quindi uso la scrittura come valvola di sfogo, ma oltre questi aspetti caratteriali sono veramente convinto che un libro abbia la stessa salvifica forza di una birra con un amico, ovvero la capacità di rapirti dai tuoi problemi, parlarti chiaro e rispediti nella vita reale non dico con la soluzione a tutto, ma di certo con la spinta per provare sempre a farcela. E quindi più che altro scrivo per me, perché dove spesso ha fallito la personalità è sempre stata la fantasia a tenermi a galla.»
«Di cosa parla il tuo romanzo d’esordio Il piano Tiberio?».
«È un thriller storico-religioso, un alternarsi di passato e presente capitolo dopo capitolo; da una parte l’epopea di alcune antiche pergamene e una particolare famiglia che le tramanda, mentre dall’altra un giovane Papa che si ritroverà tra le mani uno scottante segreto e dovrà cavarsela tra enigmi e rocambolesche avventure.
È una storia politicamente scorretta, che si avvale di personaggi storici, ma che ha per centro un risvolto totalmente inventato, anche perché mi sono divertito a cucire un canovaccio che saltella tra la storia, su quel labile confine tra il fattibile e l’impossibile, con una visione molto personale su uno dei più grandi misteri dell’umanità.»
Autore: Mario Antobenedetto
Genere: Narrativa contemporanea
Casa Editrice: Edizioni A.Car
Pagine: 290
Prezzo: 16,50 €
Codice ISBN: 978-88-649-02-340
Contatti
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