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Lo Zibaldone

Ma che belle parole! Quelle di Luciano Rispoli

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Nel nuovo libro di Mariano Sabatini, che abbiamo intervistato, la vita unica di un protagonista indiscusso della radio e della Tv

Di Simone Sparati

Saranno felici i tanti che su Twitter continuano a citarlo, saranno felici le centinaia di migliaia di persone che lo rimpiangono per la cultura e i modi. Ora Ma che belle parole!, la frase emblematica con cui il mitico Luciano Rispoli commentava le dissertazioni linguistiche del professor Beccaria a Parola mia su Rai1, è anche il titolo del libro di Mariano Sabatini, ovvero Il fascino discreto della radio e della Tv (editore Vallecchi Firenze), appena uscito a seguito dei 90 anni dalla nascita del famoso anchorman calabrese.  L’autore, giornalista e romanziere prolifico, prima di pubblicare libri è stato coautore di Tappeto volante, del Campionato di lingua italiana su Telemontecarlo; e poi del remake di Parola mia, stavolta (nel 2002) in onda su Rai3. In questo suo nuovo volume, una biografia appassionata e appassionante, ripercorre la lunga vita, fortunata sotto tanti punti di vista, del presentatore gentiluomo, che seppe tenere vivo il sogno del terzo polo televisivo, quando Rai e Mediaset erano potentissime.

Anche il suo è un sogno che si realizza, Sabatini?

Volevo scrivere questo libro da tanti anni, ci sono riuscito solo ora. E l’ho fatto sopra le forze perché negli ultimi mesi ho avuto qualche problema di salute. Ma ci tenevo a onorare la memoria di Rispoli, nel bel compleanno dei 90. Fisicamente lui non c’è più, ma è presente nella memoria dei milioni di telespettatori che rimpiangono la sua Tv e i suoi modi sempre rispettosi. L’aggettivo garbato, lui che le parole le sceglieva con attenzione, non lo gradiva, preferiva “civile”.

Lo ricordano meno i dirigenti della Rai. Come se lo spiega?

Perché non gli conviene, o meglio, non gli è convenuto finora. Spero che Carlo Fuortes, amministratore delegato a viale Mazzini, voglia sanare questa grave mancanza da parte del management precedente. So che è stato sensibilizzato in questo senso e mi auguro che arrivi la bella notizia dell’intitolazione a Rispoli della Sala A di via Asiago, come aveva proposto Fiorello.

Che tipo di Tv è stata quella di Rispoli?

Unica, ricca di contenuti, mai disgiunta da suggestioni colte. Ogni suo programma, soprattutto quelli della Rai, nasceva da spunti nobili. Valorizzare i mestieri, aiutare la comprensione dei bambini da parte dei genitori, dare lustro alle menti della scienza, divulgare la lingua italiana, il territorio, l’economia… tenere compagnia agli anziani in modo dignitoso. Cosette così.

Ha fatto tanto per la radio.

Sulle sue intuizioni campano ancora  i palinsesti pubblici e privati. Chiamate Roma 3131 ha aperto al pubblico l’accesso ai microfoni, Bandiera gialla ha consentito lo svecchiamento delle proposte musicali, La Corrida ha rappresentato la sinecura per Corrado fino alla scomparsa… e tuttora la propongono. Nasceva da uno stimolo di Rispoli, che agli esordi faceva scouting tra i dilettanti della provincia, con le Radiosquadre.

Ma perché lei gli è così affezionato?

Che domande? Perché semplicemente gli volevo bene, è stato il mio padre elettivo. Mi ha insegnato tutto.  Io gli sono riconoscente, a differenza di altri.

Chi non lo è stato?

Inutile fare nomi, le interviste parlano da sé. Ha permesso a tanti di muovere i primi passi nel mondo della comunicazione e dello spettacolo. Le pare che sia così citato?

Amava le belle donne o sbaglio?

Sì, però anche qui va detto che con lui non portavano solo le buste, come da Bongiorno. Le trasformava in “padrone di casa”, dava loro un ruolo, le aiutava a trovare un’identità… Penso a Anna Carlucci, Melba Ruffo, Rita Forte, Roberta Capua, che ora è su Rai1.

Anche una scrittrice.

Fui io a suggerirgli Chiara Gamberale per la ripresa di Parola mia su Rai3. Da quel momento, quella ragazzina un po’ impaurita è esplosa in radio e come scrittrice… mi chiedo se lo ricordi.

La passione di Rispoli però era la lingua italiana?

Diceva che “la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro”, terminava così ogni appuntamento di Parola mia. Io cominciai a seguirlo lì, come il cantautore Morgan che non si perdeva una puntata, poi ho avuto l’onore di firmarne i testi alla ripresa nel 2002. Regalava Libri, chiedendo etimologie, modi di dire, proverbi, definizioni…  Ha fatto moltissimo per la diffusione della lettura, nel suo stile popolare che arrivava a un pubblico ampio e indifferenziato. Credo meriti riconoscenza per questo.

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