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L’evento della scrittura, Sara Durantini
di Gisella Blanco
Se la riscoperta letteraria e l’approfondimento sociopsicologico di tre grandi scrittrici (e pensatrici) francesi come Colette, Marguerite Duras e Annie Ernaux sono, già di per sé, operazioni intellettuali dal grande valore antropologico e culturale, la visceralità dell’opera in esame si coglie appieno nella coralità delle tre voci femmine ricondotte alla luce dell’ascolto, alle quali si aggiunge la voce narrante autoriale che non solo svolge l’argomento con piena padronanza accademica ma, attraverso la sua esperienza personale, aggiunge il proprio dato biografico a quello delle sue scrittrici, creando una sinergia energetica ed emozionale che attraversa trasversalmente il testo, elevando ciascuna indagine biobibliografica a pura potenza narrativa. D’altronde, come afferma Duras in una intervista (e Durantini ci riporta nelle sue conclusioni all’opera) “Io scrivo per volgarizzarmi, massacrarmi, e poi per alleggerirmi d’importanza: che il testo prenda il mio posto, in modo da farmi esistere meno. Mi accade di liberarmi da me stessa solo in due casi: l’idea del suicidio, o quella della scrittura”. Ecco che si profila la scrittura come carnalità dell’esperienza empirica che parte dalla suggestione contraddittoria e feroce del senso del corpo femminile (quel corpo femminile collettivizzato in corpo sociale) per superare l’io nel suo mutuo e necessario riconoscimento con il tu. Il coraggio di narrare l’indicibile e di sostituire al tradizionale non detto ogni parola che esiste (e, nell’atto della sua esistenza, afferma anche e soprattutto l’esistenza autoriale) si dipana tra Colette, Duras e Ernaux nella poliedricità delle loro personali caratteristiche che, se da un lato, le separano negli esiti stilistici, dall’altro le fanno ricongiungere nella finalità della libertà artistica ed espressiva che diventa, in ultima analisi, libertà esistenziale. Una libertà sofferta e ambigua che si struttura nell’analisi psicologica del passato, possibile solo con la scrittura, precorrendo e svolgendo i dettami della psicoanalisi attraverso la rielaborazione in chiave simbolica dei legami e dei traumi familiari, figure retoriche della più intima postura ontologica capace di sganciarsi dai contorni definitivi del singolo dato biografico per propagarsi nello spazio relazionale: le parole, qui, sono gli schizzi di colore dei dipinti espressionistici che esondano le sagome per arrivare fino all’occhio denudato dell’interlocutore, nella condivisione materica e illimitata di una memoria comune.
La rivoluzione del linguaggio, della possibilità di dire esattamente ciò che si vuole (e che si è) e dell’acquisizione della corporalità femminile nella plasticità di codici comunicativi perfettamente condivisibili è la trasformazione socioculturale che motiva e determina le tre scrittrici e la curatrice e che rimane, tutt’oggi, uno degli obiettivi più alti e ardui. Forse è per questo che Durantini conclude la sua opera non con una risposta bensì con una fondamentale domanda, che leggerete alla fine del testo, a cui ciascuno è chiamato a rispondere.
“L’evento della scrittura”
Sara Durantini.
13 Lab edizioni, 2021
pp. 133 p, 12 euro
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