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L’editoria al tempo del Covid-19

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di Pietro Patrizi

21.000 pubblicazioni in meno, 12.500 novità bloccate, 44.5 milioni di copie non stampate e 2.900 traduzioni in meno. Queste sono le previsioni dell’Osservatorio dell’Associazione Italiana Editori della crisi del libro inasprita profondamente dall’avvento del coronavirus.
Il 70% del mondo editoriale ad aprile ha deciso di approfittare della cassa integrazione messa a disposizione dal Governo, tra chi già è riuscito ad attuarla e chi la stava programmando, ma non sembra essere bastata visto che ben il 42% delle case editrici ha deciso di rimandare le uscite e di questa percentuale solo in minima parte rimangono positivi per una ripresa entro Natale.
Chi se la sta passando in modo particolarmente negativo sono i piccoli e i medi editori con perdite vertiginose che non fanno ben sperare: è addirittura il 30% di loro che sta valutando la chiusura entro la fine dell’anno, di cui un terzo ne è praticamente certo.
Viene stimato che per capodanno ci saranno il 32% di piccoli e medi editori in meno, quindi una perdita di 21.000 opere. Numeri da capogiro per un’industria già in ginocchio. Ovviamente tutte queste perdite hanno innescato un effetto domino che si è abbattuto pesantemente anche sulle librerie, già rimaste a lungo chiuse durante il lockdown con una perdita di circa 45 milioni di euro.
L’unico settore che sembra reggere è quello degli audiolibri e degli ebook, con solamente l’1% degli editori che ne hanno riprogrammato le uscite al ribasso e stesso discorso per gli audiolibri ma con una percentuale leggermente peggiore, ovvero il 10%.

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