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La tua recensione

Le fermate del piacere

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MASSIMO BOSCARINO - Le fermate del piacere - Edizioni La Zisa, 2019 - pp. 170, euro 13,90

Leggere “Le Fermate del Piacere” di Massimo Boscarino (Edizioni La Zisa, Palermo, 2019) è una continua partita a scacchi mentale con l’autore. La pregevole fattura del volume, il profumo e la consistenza scrocchiante della carta attirano e seducono il lettore a primo acchito, andando di pari passo con la struttura diegetica del romanzo, che ci catapulta letteralmente in un mondo ammaliante, pieno di piaceri, divertimenti mondani, ma grandi vuoti dell’essere, incolmati. In questa prima parte, il lettore crede di avere vantaggio dell’autore, che pure lo stupisce con parecchi colpi di scena, un vero e proprio asindoto di capitoli in rapida sequenza dei quali non si può praticamente interrompere la lettura.

Ma ecco che, nella seconda parte, Boscarino pone un vero e proprio scacco matto alla sicurezza e al senso di superiorità del lettore rispetto al protagonista Elia, la cui ricerca, la cui sete ricorda i grandi personaggi di Herman Hesse – uno fra tutti Siddharta. Ecco, dunque, che Elia, comprendendo la propria follia, chiama il “lettore” alla sua responsabilità in tutto questo: Elia, in fondo, è un po’ tutti noi in questa società occidentale decadente, chiusa nel suo egoismo, incosciente delle proprie azioni. Siamo anche noi, per usare le parole del protagonista, “carnefici in uguale misura” dei grandi attori, magari solamente più famosi di noi, in questo palcoscenico che divora la dignità nostra e del nostro pianeta. Non mancano i personaggi toccanti, come il piccolo prete del paesino in rotta con le gerarchie ecclesiastiche, rivoluzionario delle consuetudini di una religione che, invece di avvicinare l’uomo a Dio, lo allontana verso il baratro dell’egoismo. Dio. Dio parla molto in quest’opera, ma lo fa attraverso quello che Galilei aveva definito “il grande libro della natura”, mediante anime pure il cui fascino mistico e sensuale è vera salvezza per Elia durante il suo percorso. Invito a cercare il significato di ogni nome dei personaggi del libro, nulla è casuale ed ognuno di essi riveste un ruolo consono alla propria “mission”, secondo una tradizione ben congegnata del romanzo italiano. Passi di intensa poeticità accompagnano la descrizione della natura sullo sfondo, assieme ai grandi temi del ritorno alle radici del paesino siciliano, una Sicilia mitica e mistica, che mentre la leggiamo ci fa rimpiangere che non esista quasi più, forse, ma anche il tema del viaggio, la giungla di Manaus, quell’Amazzonia da salvare. E proprio brasiliano è un altro scrittore esordiente, J.P. Cuenca, autore di “Ho scoperto di essere morto”, che ben può fungere da sottotitolo per quest’opera di Boscarino: il protagonista ha scoperto, come molti di noi, di essere morto, ma questa morte interiore preclude una resurrezione di tolstojana memoria che ci porta a scoprire soluzioni non  scontate per salvare il pianeta, sempre per bocca dei classici personaggi di Boscarino: agenti dell’universo, forse a loro insaputa, ma pur sempre agenti per risvegliare la nostra coscienza e condurci ad un felice ritorno all’ascolto dei ritmi e della vita della nostra Madre Terra.

 di Kenan Digrazia

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