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Storia

Le cacce reali nell’Europa dei Principi

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Caccia e nobiltà, rituali di un mondo scomparso

di Niccolò Lucarelli

 

Sin dall’alba dell’umanità, l’attività venatoria ha giocato un ruolo non soltanto pratico legato alla necessità di procurarsi il cibo, ma anche e soprattutto simbolico, legata all’idea della forza e della virilità. Attività nobile per eccellenza, a partire dal Medioevo fu considerata una disciplina pedagogica fondamentale per l’educazione dei futuri sovrani, che cacciando avevano modo di prendere pratica con le armi, e meglio prepararsi così alla guerra, lo “sport dei re” per sciagurata eccellenza. Per queste ragioni, le cosiddette “cacce reali”, ovvero le battute venatorie organizzate per i sovrani, si svolgevano con particolare sfarzo e rituali complessi, che l’approfondito studio curato dallo storico Andrea Merlotti – che si avvale dei contributi di autorevoli colleghi italiani e stranieri -, ricostruisce per il lettore contemporaneo, in un’epoca in cui la caccia, per tutta una serie di ragioni che esulano da questa recensione, non gode di buona considerazione. È però innegabile come questa abbia rappresentato, e in un certo senso tuttora rappresenti, un universo culturale di grande spessore, legato all’abbigliamento specifico per le battute, la tecnologia e l’arte di cesello che stanno dietro alla fabbricazione delle armi da fuoco, ma soprattutto al cerimoniale con cui ci si preparava alla caccia, e le regole che si dovevano osservare quando si puntava il fucile.

Gli approfonditi saggi di ciascun autore (quelli stranieri lasciati in lingua originale e per questo forse ostici per i non poliglotti), accompagnano il lettore nel complesso mondo della nobiltà moderna, dalle corte asburgiche  spagnole del tardo Cinquecento a quella sabauda del primo Novecento; oltre tre secoli di storia sociale e di costume, che intercetta anche il differente rapporto con il territorio; infatti, le bandite di caccia permettevano il mantenimento dell’ambiente e dell’equilibrio naturale, grazie al solerte lavoro delle guardie reali che vi erano addette. Il saggio traccia anche un quadro politico-diplomatico dell’Europa fra Cinquecento e Seicento. È fondamentale infatti comprendere come le riserve di caccia di esclusiva pertinenza del sovrano, disseminate sul territorio, costituivano altrettanti “centri di potere”, simboli della sua presenza, nonché segni tangibili dell’organizzazione statale, grazie al sistema stradale che le collegava, e del quale potevano usufruire anche i sudditi. Ma le battute di caccia erano anche occasione di incontro fra sovrani, per concludere alleanze, combinare matrimoni, discutere di equilibri politici, e sfoggiare davanti all’ospite tutto lo sfarzo della propria corte.

Completa il volume un ricco apparato iconografico di mappe e documenti inseriti nel testo, e una dispensa di tavole a colori che riproducono dipinti e sculture, del periodo 1500-1700, riguardanti il tema della caccia reale.

 

Andrea Merlotti (a cura di)

Le cacce reali nell’Europa dei Principi

Leo S. Olschki Editore, 2017

pp. 350, euro 34,00

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