Connect with us

Lo Zibaldone

Le beghine. Una storia di donne per la libertà

Published

on

di FRANCESCO ROAT

Per quanto concerne l’ambito spirituale, ciò che in Europa caratterizza il XII secolo (e poi pure il XIII) è la presenza d’un intenso anelito religioso e una propensione al rinnovamento del modo d’essere cristiani connotato da grande vigore e indubbia originalità. Il proposito di praticare davvero le indicazioni evangeliche e il desiderio di rifarsi alla chiesa delle origini (comunitaria e povera, al contrario di quella loro coeva) urgono nel cuore dei fedeli più sensibili all’insegnamento di Gesù. Nasceranno così, da una parte, gli ordini mendicanti ‒ come quello domenicano e francescano ‒ non in aperta polemica/contrapposizione con la Chiesa romana e, dall’altra, movimenti ritenuti ereticali ‒ tra cui i Catari, gli Apostolici, i Fratelli del Libero Spirito ‒, che invece prenderanno sempre più le distanze da dettami e stilemi delle gerarchie ecclesiastiche, finendo per essere perseguitati.

A cavallo tra questi due secoli prende l’avvio, nelle Fiandre, il cosiddetto movimento beghinale ‒ composto da donne, altrimenti dette mulieres religiosae o devotae, per la loro vocazione/condizione all’insegna d’una schietta religiosità, sia pure alternativa a quella monastica ‒, che però non conosce una vera e propria fondatrice, né una regola di condotta valida per tutte le sue appartenenti. Se molte di esse, infatti, vivono insieme nei beghinaggi (sorta di conventi laici, benché formati da singole abitazioni raggruppate intorno ad una chiesa), altre rimangono in famiglia, mentre altre ancora scelgono la vita errante, in solitudine e senza fissa dimora. Nemmeno sull’etimologia di tale appellativo vi è consenso unanime (forse esso deriva dal verbo beggen, che in medio-olandese significa mormorare preghiere). Cosa hanno dunque rappresentato storicamente e spiritualmente le beghine, di cui fino ad ora troppo poco si è scritto, soprattutto nella nostra lingua, tranne a livello accademico?

Cerca di colmare questa lacuna un benemerito saggio di Silvana Panciera ‒ intitolato giustappunto Le beghine e rivolto al vasto pubblico ‒ che inizia col precisare/sintetizzare così la tematica presa in esame: “La scelta beghinale si presenta come una via religiosa alternativa a quella monastica”. Una via ritenuta allora dai più sconcertante, in quanto rende fattibili due realtà inedite ‒ precisa ancora la studiosa italiana ‒: “la possibilità di esistere socialmente senza essere né mogli né monache, in quanto la vita beghinale offre loro una condizione indipendente dalla tutela maschile”; ma non solo, giacché detta scelta: “introduce una seconda innovazione, aprendo un varco «popolare» all’impegno religioso femminile del tempo”, abitualmente appannaggio dell’aristocrazia.

Ovvio che, a lungo andare, simili e audaci prese di posizioni finissero per suscitare allarme presso le autorità di una Chiesa “maschile e gerarchicamente strutturata”, le quali ritenevano incontrollabili/inaccettabili tali donne in odore d’anarchia se non proprio d’eresia. Anche per il semplice fatto che tale movimento prende ad allargarsi sempre più un po’ in tutta l’Europa. Ma non è solo per questi motivi che l’Inquisizione prende ad occuparsi delle beghine maggiormente sospette di eterodossia. Il fatto principale ‒ come troviamo scritto nella bolla Ad nostrum, di Clemente V ‒ è che esse “discutono della Santa Trinità e dell’essenza divina e che professano sulla fede e i sacramenti dottrine contrarie alla fede cattolica”.

Conseguenza amarissima: varie beghine finiranno condannate al rogo, tra cui la più celebre di loro (nel 1310) ossia Margherita Porete, autrice de Lo specchio delle anime semplici: uno dei testi mistici maggiormente significativi del medioevo. Il periodo più tragico per le nostre mulieres religiosae resta tuttavia quello successivo al concilio di Vienne ‒ (1311-1312), presieduto dal medesimo papa avignonese ‒ nel quale il movimento beghinale viene proclamato eretico. Soltanto alla fine del XV secolo le beghine cesseranno di venir bruciate vive, per lasciare il posto, sulle pire, ad altre donne: le streghe. E comunque le nostre devotae sopravviveranno a processi e diffamazioni nei loro beghinaggi, specie in Olanda e in Belgio, dove esse verranno ospitate sino alla fine del XX secolo. Anzi, come ci informa Silvana Panciera, l’ultima beghina “storica” ‒ tal Marcella Pattijn ‒, dopo ben 71 anni di fedeltà alla sua “promessa”, si spegnerà ultranovantenne nel 2013, a Courtrai.

Ma qual è la cifra, la parola chiave con cui può esser riassunta la vita beghinale? Forse l’amore, inteso nel senso più alto del termine, quale agape o caritas. L’amore oblativo che rigetta ogni forma di filautia o egocentrismo che dir si voglia. E dice bene Panciera: “(le beghine) Come nel più autentico misticismo cristiano, sottolineano l’amore come la via verso l’unione divina, ma i cammini si differenziano e possono iscriversi in due filoni: la mistica affettiva nuziale e la mistica dell’essenza”. Ed è soprattutto il primo filone quello in cui si iscrive il misticismo beghinale. Anche se non mancano autrici ‒ vedi ad esempio la citata Margherita Porete o Hadewijch di Anversa ‒ che contribuiscono non poco allo sviluppo del secondo, cioè alla Wesenmystik, che giungerà alla sua massima espressione grazie al più grande mistico medioevale: Meister Eckhart.

 

SILVANA PANCIERA

Le beghine. Una storia di donne per la libertà

Gabrielli, 2022

pp. 174, euro 17,00

Continue Reading
Click to comment

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply

Copyright © 2020 Leggere:tutti