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Narrativa

L’anima e il castigo

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di Elisabetta Castiglioni

 

Convivono nell’animo umano i sentimenti più opposti, contraddizioni che nemmeno un rigido esercizio spirituale monastico potrebbe conciliare: Michele Caccamo, in uno dei suoi romanzi più riusciti, ne analizza il percorso tormentato tramite la storia di un ragazzo deforme realmente esistito, destinato a “subire”

 

“Se volete il nome esatto per indicare la vostra esistenza cercatelo nell’anima, non nel lamento”… Questa frase potrebbe rinchiudere il senso dell’intero romanzo di Michele Caccamo “L’anima e il castigo” (Castelvecchi editore), liberamente ispirato alla vita di Hermann von Reichenau, detto “lo storpio”, monaco e astronomo vissuto intorno all’anno Mille e venerato come beato.

Un romanzo dedicato all’amore per la vita, il cielo e le stelle, proprio soffiati dalla parte dei più deboli, o in questo caso, i “diversi”. Quanto è importante la preghiera se non vissuta come abitudinaria cantilena ma come indagine introspettiva per scoprire e dare un senso alla nostra esistenza, in particolar modo quando la Natura non si è comportata “a dovere”? O meglio quando, come nel caso del protagonista vissuto in tempi di forti restrizioni ideologiche, essere deforme era quasi un reato o un maleficio compiuto da una mente ultraterrena diabolica e quindi soggetto e oggetto di peccato non perdonabile? Gli interrogativi nel cuore di un disabile trascurato e vilipeso da tutti, addirittura violentato e insultato nonostante un impeccabile e puro comportamento di vita “sotto le righe”, diventano verità nel momento dell’offesa umana condizionata dalla credenza delle regole di un’invisibile e sconosciuta dottrina mistica, ma allo stesso tempo fluiscono in una speranza di oltrepassare ogni ostacolo quando a dettare la legge della stessa anima castigata è la perseveranza di un cuore che non smette di sanguinare e, sanguinando, di battere “oltre”. Così la scorrevole e condita scrittura di Caccamo, composta di periodi sintattici brevi e dinamici, ci trasporta in un’azione martellante che toglie il respiro tanta è la rapidità di azioni e riflessioni che si coniugano incessantemente in atmosfere ora da noir ora da contemplazione ecclesiastica, tirando a braccetto sintagmi profumati di storia, filosofia, spiritualità e un pizzico di melodramma. Si potrebbe dire, una volta considerate la geometricità del racconto e il perfetto lessico in crescendo dello sviluppo narrativo, che tale opera si presta in maniera egregia alla duttilità di una riduzione cinematografica anche se, a convincere, più che la trama (con finale non obbligato a sorpresa), è l’azione pensante, di getto e riflesso, ovverosia quel focus semantico che quasi in ogni capitolo ci porta a una deviazione dell’occhio per nasconderci nella compassione di una storia che vorremmo cambiare attraverso la nostra acquisita sensibilità di lettori, ma non possiamo. Caccamo ha l’abilità di trasmettere amore e dolore attraverso una narrazione semplice, concisa, calzante, spesso roboante per toni ancestrali e aggettivi urlati, ma sempre “dentro il pezzo”, fino a farci fuoriuscire dal nostro distacco visivo per immergerci in un’umanità esagerata da cui però ci riallontaniamo subito per non identificarci con il male che la pervade, spesso, insospettatamente, dietro l’angolo…

 

Elisabetta Castiglioni

 

Titolo L’anima e il castigo
Autore Michele Caccamo
Editore Castelvecchi, 2018
ISBN 8832823284, 9788832823288
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