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Poesia

La vita minima, Emiliano Cribari

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di Gisella Blanco

Lo sapevate che un libro può nascere dall’odore di un altro libro? Sì, proprio così, come quando capita che una persona annusa un’altra persona e decide di continuare ad annusarla per un po’, per molto o per uno dei suoi smisurati per sempre. “Si dovrebbe approfittare di ogni istante” così come di ogni profumo, proprio per darsi la possibilità di quella “vita minima” che è il minimo della vita a cui ci destiniamo come “rare foglie che ancora/resistono”. Il tempo è un sarcastico andirivieni in cui scorgere una giovinezza casuale, “le parole, i sogni, la verità, /le frustrazioni” e tutto quello che siamo o che saremo o che siamo stati “sopra la faccia” nostra e, forse, anche l’altrui. Se cerchiamo “una definizione/della parola poesia” la troveremo nel nostro moto verso una foglia che cade “e fa tremare”, nell’attesa del crollo quando si assapora la distruzione e la sua inversione psichica, nel niente ancora che abbiamo imparato dalla morte, nella confusione convulsa e contundente tra la bellezza e l’utilità (entrambe ci tengono in vita), nell’incompiutezza di storie che, così, non possono finire e nel solletico al vino che “ride e mi porta la poesia”. Eppure ogni dettaglio empirico (che sia un voluto correlativo oggettivo o no) trasuda un ancestrale e, parallelamente, ultramoderno senso del pathos che irradia dall’interno delle cose la loro proiezione esterna ed esteriore: “a darmi angoscia non è la morte/ma è la vita che continua/senza ripensamenti/fuori dai cimiteri”. Scrive Milo De Angelis in “Poesia e destino” (Crocetti 2019): “Non c’è tragedia se l’eroe cede interamente all’inspiegabile. Ma nemmeno c’è tragedia se l’eroe, altrettanto interamente, sa resistere senza sentire la forza annientante del divino”. E’ proprio in questo parziale, recondito cedimento che risiede il dramma e la sua escatologia che non è la salvezza bensì la fragilità umana che fa tremare “ma senza sgomento” con tutta la grazia stravaccata e incerta di chi sa di essere fortunato perché ha “l’odore di letame/nel cuore”. La poesia è quell’istinto che nasce quando “la notte svela il buio/e fa la conta di chi non c’è” nonostante si veda poco perché “la nebbia apre il sentiero/al primo uomo del mattino”, ammassati come siamo tra mucchi di piccole cose magnifiche e grandi insignificanti sistemi che ci potrebbero asfissiare, non fosse per questa strana vocazione al minimamente esistere.

la vita minima

Emiliano Cribari,

AnimaMundi 2020,

64pp, 10 euro.

 

 

 

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