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Lo Zibaldone

La solitudine di Filottete

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di Francesco Roat

Il Filottete è la tragedia di Sofocle meno conosciuta e, tra le antiche tragedie greche, forse la meno amata dal pubblico. Anche perché tale opera risulta sì drammatica, però in essa vi è poca azione e tanta riflessione, risultando oggi a noi quasi una sorta di moderno testo teatrale da camera ante litteram più che una vera e propria tragedia classica. Come ci ricorda Enrico Testa nel suo ultimo saggio ‒ intitolato La solitudine di Filottete ‒ già nell’Iliade si parla di questo personaggio poco noto, che venne abbandonato su un’isola deserta dai figli degli Achei impegnati nell’assedio di Troia, perché: “con i suoi lamenti di sofferenza provocati dalla piaga al piede impediva la celebrazione dei sacrifici e turbava l’esistenza dei comandanti e dell’esercito”.

Filottete è quindi un diverso, rappresenta una presenza ingombrante e ormai inadatta alla guerra e nell’ottica utilitaristica ‒ giammai umanitaristica ‒ di Odisseo (ovvero Ulisse) e degli Atridi va letteralmente tolto di mezzo; e così accade. Questo l’antefatto, ma per comprendere il prosieguo della storia va detto in primo luogo che il nostro antieroe è dotato di un arco e di frecce magiche ‒ donatigli di Eracle ‒ che non sbagliano mai un colpo; ed in secondo luogo che, dopo molto tempo dal suo esilio, un indovino troiano rivela ai greci che senza Filottete e la sua arma prodigiosa Troia non verrà mai conquistata. Così questi, da rifiuto umano diviene all’improvviso risorsa fondamentale/indispensabile. Pertanto l’astuto Odisseo e il fido Neottolemo (figlio dell’eroe Achille, ormai morto, il quale era fra gli amici più cari di Filottete) sbarcano sull’isola per reclutare con l’inganno l’esiliato. Ulisse rimarrà nell’ombra mentre il suo più giovane compagno prometterà al proscritto di ricondurlo per mare nella sua patria, quando invece la nave farà vela verso Troia dove egli verrà costretto/convinto a combattere giusto per coloro che l’hanno tradito.

Colpiscono in primo luogo il lettore o lo spettatore l’estrema afflizione di quest’uomo abbrutito dalla solitudine e dalla sofferenza (“Sono un uomo infelice, solo, nel vuoto abbandonato”), nonché l’estrema umiltà con cui egli si prostra in ginocchio dinnanzi a Neottolemo, supplicandolo di riportarlo in patria. Ed in secondo luogo come viene tratteggiata nella tragedia sofoclea la figura di Odisseo, che ‒ mi si conceda il gioco di parole ‒ fa qui proprio una gran brutta figura rivelandosi non solo cinico ingannatore/mentitore, ma anche uomo del tutto privo di empatia/sensibilità, incapace com’è di provare il benché minimo atteggiamento pietoso nei confronti di Filottete, il quale tuttavia verrà in seguito soccorso da Neottolemo, convintosi della sua estrema rettitudine morale e deciso a riportarlo davvero a casa.

Ma questa insolita tragedia all’insegna delle procrastinazioni, delle false partenze, dei fraintendimenti e dei ripensamenti (dove peraltro non muore nessuno e i cui attori sono, di fatto, solo tre dei cinque personaggi che appaiono in scena) finirà con un ennesimo mutamento di rotta, con l’intervento del deus ex machina Eracle (ovvero Ercole), che ‒ riassume Testa ‒: “riferisce la volontà di Zeus e induce Neottolemo e Filottete ad andare a Troia per conquistarla. E così sarà fatto”. Siamo quindi giunti a un finale che non conclude la vicenda umana del nostro antieroe. Si tratta perciò di una chiusa aperta. Non sappiamo infatti, dice bene Testa, se egli verrà reintegrato nei ranghi degli Achei, se vi sarà conciliazione tra i suoi ex nemici e il loro nuovo alleato. Non sappiamo nemmeno come il protagonista della tragedia sofoclea affronterà il prosieguo della guerra. Resta solo, sullo sfondo, un futuro denso di rovine, spoliazioni e uccisioni. Di nuove sofferte ferite; vittima delle quali non sarà solo Troia, ma certo anche Filottete: l’eterno afflitto.

Ultima nota, ma rilevante. La seconda parte del libro, a seguito del saggio, presenta una bella traduzione ‒ sempre effettuata da Enrico Testa ‒ del Filottete di Sofocle. Un solo neo: sarebbe stata auspicabile la presenza, a fronte, del testo originale greco. Ma, in questi tempi così poco attenti alle lettere classiche non è possibile pretender troppo da un editore.

Enrico Testa

La solitudine di Filottete

il Mulino, 2021

pp. 158, euro 14,00.

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