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La shoah e il nuovo millennio

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di Alessandra Sofisti

Il 7 ottobre 1999, all’alba del nuovo millennio, la Federazione svizzera delle Comunita’ israelitiche, invito’
Elie Wiesel (Sighet 1930 – New York 2016) nell’ aula magna dell’Universita’ di Friburgo, in occasione del simposio dedicato al tema della Svizzera di fronte al suo passato. Una commissione di esperti, guidata dallo storico svizzero Francois Bergier, aveva ricostruito la politica di asilo della Svizzera durante gli anni del nazismo e della Seconda Guerra Mondiale, a partire dalla decisone del Consiglio Federale di chiudere ermeticamente le frontiere nell’agosto 1942, in particolare agli Ebrei, a cui venne negato lo status di rifugiati su basi razziali.”Il mondo sapeva” , edito da Giuntina, e’ il titolo del libro che Daniel Vogelmann, amico di Wiesel, primo traduttore ed editore de “La Nuit” nel 1980, ha voluto per la pubblicazione del memorabile discorso dello scrittore, premio nobel per la pace nel 1986, incentrato sul rapporto tra passato e futuro e sul rischio della banalizzazione della memoria.
Partendo dalla domanda che cosa hanno in comune passato e futuro, Wiesel afferma con forza che “bisogna impegnarsi affinche’ la memoria del popolo ebraico sia fonte di conforto e di umanita’ per tutti; che bisogna
insegnare in un maggior numero di scuole, ispirare ai giovani un amore piu’ grande per gli Ebrei e per tutti
i popoli. Si deve lavorare con fervore per le vittime di tutte le ingiustizie, senza perdere la propria identita’.
Si deve conferire alla memoria una dimensione che la trsformi attraverso i legami tra passato e futuro, perche’ noi
siamo quei legami. Noi siamo il ponte”. Evocare l’Olocausto e le sue implicazioni per il XXI seecolo rappresenta per
Wiesel, sopravvissuto alla deportazione ad Auschwitz e a Buchenwald, da una parte un compito ancora urgente, dall’altra impossibile. Nonostante tuto cio’ che e’ stato scritto, nonostante anche la sua testimonianza, si tratta di un evento -secondo l’autore – che concerne l’indicibile. Afferma infatti che grazie alle importanti pubblicazioni di grandi storici, teologi,pensatori e letterati, conosciamo i fatti salienti, le date, le cifre, le statistiche. Ma Auschwitz si situa al di sopra dei fatti, Treblinka sfida tanto la conoscenza quanto il linguaggio. Indubbiamente sappiamo cio’ che gli assassini hanno fatto alle loro vittime, ma non sapremo mai cio’ che le vittime provarono nelle tenebre che
precedettero la loro morte. I morti tacciono. La domanda rimasta senza risposta e’ come Auschwitz abbia potuto fare irruzione nella Storia fino a diventare un mostruoso buco nero, una creazione parallela a quella del mondo esterno , un luogo dove gli assassini sono venuti per uccidere e le vittime per morire. All’epoca – prosegue Wiesel – non sapevamo che il mondo sapeva. Roosevelt sapeva, Churchill sapeva, in Vaticano sapevano. In Svizzera, paese neutrale, sapevano. Che fare oggi di questo sapere? E’ certo che bisogna che sia fatta giustizia. Eppure vi e’ stata, anche in Svizzera, in questi anni una forte ripresa dell’antisemitismo. Non bisogna avere paura di combattere il razzismo e l’antisemitismo. Bisogna rivelare la loro mostruosita’, l’odio e’ contagioso come la peste, passa da un essere umano ad un altro, da una comunita’ all’altra e finisce per invadere tutto il corpo sociale. Al termine Wiesel afferma di non credere nel concetto di colpa collettiva, di non credere che una comunita’, qualunque essa sia, debba essere accusata di crimini che alcuni hanno commesso e conclude citando Albert Camus “Ci sono negli uomini piu’ cose da ammirare che da disprezzare.”

Ellie Wisel

Il mondo sapeva – la Shoah e il nuovo millennio

Giuntina, 2019, 76 p. (comprende il testo originale in francese)
(Collana Le perline) euro 8,00 ISBN 9788880577836

 

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