Thriller
La firma del Puparo, il nuovo romanzo di Roberto Riccardi
di Aldo Onorati
Nelle poesie si ravvisa il “verso chiave”; nella narrativa può esserci un “sintagma chiave” o più frasi collegabili al concetto di base del testo. In questo romanzo, forse ho trovato il centro focale da cui si dipartono a raggiera tentacolare le motivazioni che muovono la trama: “… Benedetta fantasia, che ci fa scorgere segnali dove c’è solo la normalità della vita” (terribile e ambigua affermazione, che riflette la complessità strutturale e psicolgica del tessuto narrativo a cui sto accennando).
Il tenente Rocco Liguori è il protagonista di questa avvincente storia di delitti, vendette trasversali, intuito per giungere alla cause prime, ai moventi, agli assassini, alle vittime. Anche se egli è l’attore principale di due precedenti libri (tra cui il bellissimo “Venga pure la fine”), io noto che Riccardi non si ripete, pur riproponendo alcune caratteristiche umane del Tenente. Qui Liguori ha un caso particolare da sciogliere: un amico d’infanzia, che egli arresta per droga, trovandosi incatenato dai ricordi affettuosi e dal dovere di cercare la verità. Ma Nino Calabrò è un tassello soltanto d’un mosaico quasi impossibile da descrivere, tante sono le pietruzze di colori anche contrastanti che tengono col fiato sospeso il lettore nella matassa (al momento senza bandolo) in cui agisce Rocco Liguori: c’è una sorta di forza centripeta che attira il fruitore verso il protagonista, e non per pura simpatia del suo lavoro coraggioso (“…inseguo i volti di quando da bambino, al paese, guardavo tutti come se fossero miei amici. Vorrei indietro quel tempo per osservare le persone con occhi diversi, con lo sguardo diffidente che devo al mio mestiere”), bensì per le realtà che l’autore interseca, incastra in osmosi piene di suggestioni narrative, di perforazioni psicologiche del “vero nascosto”, di personaggi indimenticabili come “lo zoppo”. Ora, va da sé che il recensore non può svelare la trama in nessun luogo, tanto meno in romanzi di questo impianto (non direi poliziesco; sarebbe riduttivo: nel presente caso c’è qualcosa di più e di inafferrabile), ove perniciose rivelazioni e verità dal doppio conio portano lo scrittore, i protagonisti e il lettore a giocare la stessa carta; quindi lascio a chi leggerà il gusto della scoperta, sebbene non possa esimermi dal sottolineare che Roberto Riccardi ha materiale di prima mano sulla scrivania e nel cuore (e nella mente): si tocca coi polpastrelli un fatto importante e deciviso nel giudizio sull’opera: la riuscita del libro su ogni piano non è dovuta solo alla bravura dell’autore, ma anche a una vita vissuta all’interno di atmosfere che egli ricrea in trame formidabili. Entrando nella metafora: molti scrivono di agricoltura per aver letto; Moderato Columella era egli stesso un contadino colto e innovatore, per questo da duemila anni il suo “De re rustica” fa scuola in un campo in cui le scoperte e le invenzioni spesso annullano le fatiche precedenti. “La firma del puparo” tornerete a leggerlo.
Roberto Riccardi
“La firma del puparo”
Edizioni e/o, euro 16,00
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