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LA FESTA DEL RITORNO
Disponibile in libreria il commovente romanzo di Carmine Abate, ripubblicato da Mondadori in una nuova edizione con una postfazione dell’autore stesso.
Scritto per la prima volta dieci anni fa, selezionato nella cinquina del premio Campiello, ne La festa del ritorno Carmine Abate scrittore calabrese di lingua arberesche che deriva dall’albanese ci racconta la storia di un padre e un figlio, del loro rapporto di amore. Il padre è emigrato in Francia ed è costretto a vivere lì per lunghi periodi. Il romanzo descrive i suoi “ritorni” tanto attesi dal figlio Marco e le partenze segnate dal dolore per i distacchi; tutta la vicenda è ambientata in un paese della comunità albanese della Calabria, Hora. Un romanzo intenso, dove si narra il tempo dell’infanzia e della giovinezza, delle scoperte dell’amore e della vita.
Tullio, il padre, vive e lavora in paese straniero e seppure per brevi periodi torna a casa per le feste di Natale, anche per partecipare al grande fuoco natalizio sul sagrato della chiesa, dove racconta al figlio del suo duro lavoro all’estero e del suo dolore nato dalla sofferenza di stare lontano dalla famiglia; Marco rivive le giornate in compagnia del padre nei boschi, insieme alla amata cagnetta Spertina, e le notti in cui da piccolo va in camera da letto del padre per toccarlo e per vedere se è ancora lì con loro. “Il giorno dopo mi svegliai molto presto, entrai scalzo nella stanza dei miei genitori e mi avvicinai al lettone per accertarmi che mio padre fosse vero, in carne ed ossa; per sicurezza lo toccai con un dito sulla schiena e poi andai a dormire felice, abbracciando il pallone di cuoio. Avevo paura che fosse tutto un sogno…camminavo a fianco di mio padre, solo questo mi importava”. Le pagine sono scritte in modo fluido con un italiano misto all’arberesche, mescolando elementi sociali, quali appunto l’emigrazione, il duro lavoro lontano dalla famiglia, l’abbandono del luogo di origine, tema caro ad Abate essendo stato egli stesso un emigrante, intrecciando storie di vita familiare semplice e complicata al tempo stesso. Un romanzo originale, mitologico misto tra realtà e favola, segnato dal tema del viaggio: “Nostos” (viaggio) e “Algos” che in greco vuol dire dolore, nostalgia quindi come condizione esistenziale. La stessa crescita di Marco, il suo percorso di vita è inteso come “viaggio”, un cammino nella quotidianità, un tragitto in fondo verso la libertà.
E proprio per questa presenza del tema del viaggio, nel costante avvicendarsi di partenze e ritorni, nel raccontare le esperienze del protagonista sotto la guida del genitore che possiamo parlare di romanzo di formazione.
Le figure femminili del romanzo, soprattutto quelle familiari, come la mamma, la nonna, Elisa la sorella maggiore e la Piccola, sono vestite di silenzi a differenza del padre, che ha una funzione narrante come Marco; i personaggi ripetono gli stessi gesti senza tempo, esistenze condotte secondo i ritmi della natura. Ma c’è una figura, anche essa femminile, indimenticabile per il lettore, quella della cagnetta Spertina, questa fedele compagna che nella prima e nella seconda parte del romanzo apre e chiude con i suoi gesti istintivi la cronologia dei vari capitoli.
In definitiva, un viaggio continuo di riconciliazione con le nostre daci, quello in cui sono racchiuse le nostre storie e la nostra memoria più profonda.
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