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Lo Zibaldone

La bambina che mangiava i comunisti

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Di Anna Caringelli

Patrizia Carrano ha scritto oltre venti libri, tra romanzi e pubblicazioni di altro genere (compresa una meravigliosa ineguagliata biografia di Anna Magnani), e ora torna con un nuovo romanzo, dal titolo provocatorio: La bambina che mangiava i comunisti (Vallecchi Firenze, 163 pp.), laddove la vulgata voleva gli stessi comunisti con attitudini cannibalesche. Breve ma molto molto intenso e denso, come si dice con un frase forse corriva ma che rende particolarmente l’idea, in questo caso. Una trama piana in cui storia minuscola e maiuscola si accoppiano per dar via a una vicenda palpitante che ha il nome di Elisabetta, una bimba che arriva a Roma con la madre, attivista del Pci, a metà degli Cinquanta del Novecento. Abbiamo intervistato l’autrice.

Di solito non erano i comunisti a mangiare i bambini? Mi spiega il titolo?

Con questo titolo paradossale, ho voluto capovolgere l’antico anatema che i cattolici più oscurantisti avevano gettato contro i comunisti dell’immediato dopoguerra.  Qui abbiamo una bimba, che ha una mamma funzionaria del  Pci alla metà degli anni Cinquanta. In un momento di rabbia  la piccola Elisabetta pensa di “papparsi” tutti i  comunisti amici di sua madre, che  la deludono, non dandole retta.

Qual è stata la molla che l’ha spinta a scrivere questa storia?

Ho sempre amato raccontare la fatica di crescere dei ragazzini. E mi piaceva l’idea  guardare alla grande macchina del “Partito” con gli occhi aguzzi ma ingenui di una bambina che  cresce sfiorando dei veri e propri monumenti politici.

Quali dei personaggi storici citati nel libro lei ha conosciuto più da vicino?

Io sono coetanea della piccola protagonista. E ho incontrato Macaluso, Negarville, Felice Chilanti, Antonello Trombadori. E anche Antonietta Raphael Mafai, e Cardarelli.  Loro non badavano a me, ma io li ho osservati molto. Con gli occhi di una bambina che voleva capire le faccende della vita.

Quindi la piccola Elisabetta è lei, Come madame Bovary era Flaubert?

Proprio come Elisabetta ho frequentato le sezioni del Pci e giocato con i piccoli sfollati di Campo Parioli, un grande agglomerato di baracche che sorgeva dove ora c’è il villaggio Olimpico, costruito per le Olimpiadi del 1960. Ma lei è una bambina molto più riflessiva ed educata di quanto non fossi io. Per scrivere questo libro ho consultato molti materiali, incrociando memoria, invenzione e documentazione.

Perché il comunismo e i suoi ideali sono ancora tanto avversati?

Alla prova dei fatti il comunismo reale ha fallito clamorosamente in ogni paese del mondo. Le idee del filosofo Carlo Marx erano condivisibili. Ma la loro applicazione ha prodotto dittature, infelicità, orrori.

Il finale, con il sunto di ciò che accade a tutti i personaggi, assomiglia ai cartelli alla fine di certi film. Lo deve alla sua attività di sceneggiatrice?

Lo devo soprattutto alla mia vocazione di attenta spettatrice. Mi sono ricordata gli epiloghi dei diversi personaggi di “Prima pagina” dell’impareggiabile Billy Wilder. E ho voluto percorrere la stessa strada, che mi è sembrata ironica.

Che lavoro è scrivere un romanzo?

Sono d’accordo con quanto scrisse Susan Sontag, sostenendo che “scrivere è un mestiere da spaccapietre, anche e soprattutto fisicamente. Fanno male i muscoli, la schiena e la testa sobbolle”. Il fatto è che non so fare altro. Fino a quando mi sveglierò al mattino pensando “ma forse quel personaggio dovrebbe comportarsi così e non colà”… continuerò.

Ha già pronto il prossimo, o comunque ci sta rimuginando?

Sto leggendo molti materiali su una mia antica passione: la vita dei lupi in Italia. Intanto che rimugino, mi occupo della nuova edizione della mia biografia su Anna Magnani, che uscirà sempre per Vallecchi in occasione dei cinquant’anni della sua morte.

 

 

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