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Fisica e metafisica

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di Francesco Roat

L’italiano Federico Faggin è un rinomato fisico ‒ inventore, tra l’altro, del primo microprocessore ‒ che apprezza pure la metafisica, se con detto termine intendiamo non questa o quella cervellotica teoria che mira alla conoscenza della natura ultima/assoluta della realtà, bensì il ritenere che ci sia dell’altro oltre (meta) quanto concerne i meri fenomeni fisici (ta physika), considerati generalmente come gli unici oggetti di interesse scientifico. Quindi il nostro curioso autore ha iniziato ben presto ad occuparsi della natura di sentimenti ed emozioni ossia di ciò che i filosofi chiamano qualia.

“Il sapore del vino, il profumo di una rosa e il colore arancione non dovrebbero esistere ‒ scrive Faggin nel suo recente saggio intitolato (programmaticamente) Irriducibile ‒ perché nessuno scienziato sa spiegarci come i segnali elettrici o biochimici del cervello producano questi qualia. Il fatto che ciascuno di noi ne sia invece cosciente è incontestabile, e ciò falsifica l’idea che le teorie fisiche correnti siano complete, cioè che descrivano tutta la realtà”. Tale sua indagine riguarda dunque il mistero della conoscenza, giacché fino ad ora nessuno è riuscito a comprendere come sia sorto quest’ambito, che secondo il Nostro non è proprio dei viventi ma di tutto ciò che esiste.

Noi non saremmo insomma dei robot biologici, ma ‒ nota audacemente Faggin ‒ degli “esseri spirituali temporaneamente imprigionati in un corpo fisico simile a una macchina”. La tesi è alquanto ardita: dal suo punto di vista l’unica maniera per spiegare come l’universo abbia potuto creare la coscienza è che esso stesso goda ab origine, da sempre, di una ineffabile consapevolezza. Ma non solo, secondo l’autore: “mente-e-materia sono due aspetti irriducibili della stessa realtà, ossia sono come due facce della stessa medaglia che non si possono separare. Si tratta di una forma di panpsichismo”. E, con insistenza, ripropone nel libro interrogativi cruciali (cercando di rispondere ad essi ), quali ad esempio: che cosa significa ‒ e cosa ci fa ‒ conoscere? Può un computer, una macchina da noi costruita, conoscere davvero?

Rifacendosi a Cartesio, Faggin afferma che noi esseri consapevoli sappiamo di esistere in quanto coscienti di una tal conoscenza, da lui chiamata conoscenza semantica diretta. Mentre un robot e un calcolatore non sanno di sapere e quindi difettano di autentica comprensione autocosciente: la loro è mera informazione, certo utilissima, che però permette solo a noi umani di conoscere davvero. Senza dimenticare umilmente, tuttavia, che mai questa o quella teoria della realtà costituisce/sostituisce la realtà. Detto altrimenti: la mappa non è il territorio. E le scoperte della fisica quantistica ci stanno da tempo convincendo che materialismo e riduzionismo sono appunto mere approssimazioni d’una realtà ben più profonda, enigmatica e misteriosa di quanto sino ad ora è apparsa.

Va poi rimarcato come non sia più possibile rifarsi al dualismo obsoleto mente-materia, giacché ‒ sempre a parere di Faggin ‒ l’ipotesi del panpsichismo postula l’esistenza della coscienza in tutto l’universo, così come non esiste, in quest’ottica, una demarcazione/separazione tra materia animata e inanimata. Ciò implica l’assunzione di un nuovo paradigma, ovvero: “che esista un Tutto olistico che contiene non solo le proprietà fondamentali che permettono l’evoluzione dell’universo inanimato, ma anche i semi del libero arbitrio, della coscienza e della vita”.

Ne consegue il ribaltamento del vecchio concetto della coscienza come risultato ultimo dell’evoluzione, mentre al contrario essa ne sarebbe l’inizio, il presupposto: sorta di principio creativo in grado di innescare quello che appare un misterioso processo di auto-organizzazione che si è avuto a partire dal big bang.   “Come può ‒ si/ci chiede infatti Faggin ‒ una gerarchia di sottosistemi precisi essersi autoassemblata, formando un organismo vivente di incredibile complessità, attraverso eventi naturali e casuali che hanno una naturale tendenza al disordine?”. A tale proposito vien proprio voglia di utilizzare un vocabolo oggi assai poco amato/utilizzato: la parola miracolo, giusto nel senso etimologico del termine, che indica un evento o cosa meravigliosa o quanto suscita in noi ammirazione, stupore, sconcerto destabilizzante.

Verso la conclusione del suo saggio il nostro fisico si trasforma sul serio in metafisico; anzi direi che si fa quasi mistico ed osa proferire parole su cui riflettere, citando infine persino l’esoterico autore delle Enneadi: “Tutti noi abbiamo una natura divina. Questa è la nostra vera essenza, e il nostro compito è cercare «di ricondurre il divino che è in noi al divino che è nell’universo (Plotino)»”. Cosa altro potrei aggiungere, se non l’invito a leggere questo libro così stimolante?

Federico Faggin, Irriducibile. La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura, Mondadori 2022, pp. 300, euro 22,00

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