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Intrattenimento

In questa storia che è la mia: il nuovo disco di Claudio Baglioni

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di Sergio Di Giacomo

Per chi conosce la poetica di Claudio Baglioni, è centrale il concetto di tempo, la “nostalgia del futuro”, profonda e originale, il suo sguardo che universalmente e romantico, certo, ma in realtà velato sempre di uno sguardo esistenzialista, nel senso che scava tra le pieghe del vivere nel mondo, dell’esistere tra ieri oggi e domani, “Strada facendo”, appunto, alla ricerca del “gancio in mezzo al cielo”. Lo stare al mondo, la ricerca di senso, da soli e insieme. Lo si percepisce ancora di più nel suo ultimo disco, In questa storia che è la mia, uscito dopo anni di attesa, di ricerca, di eventi come i due Sanremo dove ha dettato magicamente con tanti colleghi, in quella ricerca di coralità che gli appartiene come un abito usuale.

Un disco intenso, malinconico, liricamente ridondante, denso, quasi “gucciniano”, anticipato da quel gioiello travolgente gli anni più belli. Un inno, appunto a quel tempo stratificato che batte e ribatte, torna e ritorna, di chi sogna “ i giorni di domani”. Vivere è “il prezzo del futuro” per i passeggeri, noi uomini di oggi che pensiamo a ieri, “persi nel passato”, tra “lacrime di ombrelli” (che dire, tutto si condensa in questa immagine che sa di pioggia infinita), e “ferite di duelli”, di urla al vento, “occhi di laguna”, noi che “abbiamo udito il mare piangere con noi”… Come riuscire, appunto, a fare “piangere” il mare?

“Esserci e non esserci”, reale /virtuale, vicinanza- distanza, temi che scandiscono io non sono lì, omaggio e sguardo al tempo di clausura vissuto in questo tempo sbandato. Ecco, nel “viavai di un’altra vita”, la folgorazione di una donna speciale, un gioco di visioni, di assonanze, metafore, similitudini, di quei giochi di parole di cui il nostro è un maestro, capace di spiegare in un flusso di significati la visione del doppio in amore e nella vita: l’amata è infatti “fiume e sponda”, collina e bruma parete, scoglio e onda e ghiaccio frutto e fiore tuono e lampo bandiera e vento pozzo e luna terreno e grano… ferita e unguento brina e campo (uno e due); facce e boccacce lanci di cuscini imboscate e sfide, giochi sensuali, sono l’humus del gioco di coppia, ma insieme un senso del vivere del tempo che trascorre di un “cuore fuoricorso”, tra stupore mozzafiato, in un “cammino senza sforzo”: camminare, appunto, vagare, divenire (mentre il fiume va)

Esistanzialista è la pioggia blu (blu, colore della malinconia secondo la cultura anglosassone) che invade una coppia, come un “ritmo inquieto”, la “smania”, il “vento tra le dita”, la “fretta di una vita “che non aspetta”: lei, “tra le pietre lisce dei ginocchi” (immagine bagloniana doc), tra l’illusione di un miraggio”: tutto scorre, tutto attende (pioggia blu).

Il “tempo sulla pelle” scandisce il “mal d’amore” della canzone omonima, struggente, dilatata, lacerante, come solo il Claudio sa fare, seguendo i mirabili “Mille giorni di te e di me”: un continuo musicare parlato…che ferisce, con immagini figurate che come sempre lasciano senza parole: che dire di “non pregheremo più la stessa luna”, non “bruceremo più in un firmamento di occhi a dare al luce al mondo”, tra “piogge timide e fugaci”, vertigini di cielo e quel “sudore di vulcani” che dice tutto, metafora densa densa densa…Alzi la mano chi sa descrivere il femminile come lui, che fin da La ragazza di campagna- disegna figure femminili quotidiane e eterne: lei che si allena “logora bagnata”, che si vede con le amiche “a ridere di chi”, che si appoggia al cuscino di lui sfinita e assonnata, che si mette la matita tra i capelli in mezzo al traffico: il tutto mentre una stella “smarrisce” il senso e i sensi. Lei lei lei lei, diventa un’eco del vuoto, del pianoforte “in castigo” come fosse un elemento vivo ante che non vibra più.

Un disco esistenzialista-romantico, di un artista che le “dodici note” sa fare sfibrare di significato, uomo “di varie età” e dimensioni, che sa essere “altrove e qui”.

 

 

 

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