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Lo Zibaldone

In difesa della bellezza

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di Irene Toppetta

 

Ogni giorno di più vediamo minacciata la bellezza che ci circonda: vita, natura, arte; tutto può essere in pericolo. Tanti sono gli autori che hanno riflettuto e riflettono sul tema… da Dostoevskij, a Pasolini, a Cognetti…

 

Tra il 1971 e il 1974, Pasolini girò un breve documentario su Sana’a, capitale dello Yemen del Nord.

Così affermava riguardo quel progetto (Pasolini racconta con rabbia l’assurda rovina di una città, «Corriere della Sera», 20 giugno 1974): “La deturpazione, che come una lebbra la sta invadendo, mi feriva con un dolore, una rabbia, un senso di impotenza e nel tempo stesso un febbrile desiderio di far qualcosa, da cui sono stato perentoriamente costretto a filmare”.  Il documentario prese la forma di un appello all’UNESCO, in cui l’autore parlava in difesa della bellezza.

Dostoevskij, attraverso i suoi personaggi, parlava della bellezza che salverà il mondo, ma, riflettendo sulle parole di Pasolini, e su tante cose che sono accadute e continuano ad accadere nel mondo (atti terroristici, danni ambientali ecc…), penso che, in molti casi, prima di salvare, la bellezza deve essere salvata. Mi sembra un po’ come in una dinamica amorosa: deve esserci reciprocità perché la cosa funzioni bene. Salvando lei, salviamo noi.

La bellezza di Sana’a per Pasolini era qualcosa di prezioso, di unico, da preservare. Le mura  conservavano una città ancora miracolosamente incontaminata, una città medievale, uno spettacolo unico al mondo. E il mondo, l’Unesco, doveva proteggere quel patrimonio. Nel documentario Le mura di Sana’a (1971-1974), Pasolini raccontava di come la classe dirigente yemenita si vergognasse di quella città “povera e sporca”. Per lui, quell’atteggiamento era il sintomo di un’imminente catastrofe: la distruzione del mondo antico, cioè del mondo reale, ad opera della dissennata speculazione edilizia neocapitalistica. Dunque, il regista pensava che, se per molti paesaggi italiani era ormai tardi, si poteva fare ancora in tempo a salvare Sana’a, espressione dello Yemen più bello, antico e vero. L’impegno di Pasolini per la città yemenita diede i suoi frutti dopo la morte del regista. Infatti, nel 1986, Sana’a venne dichiarata patrimonio dell’umanità.

Durante questo agosto 2017, segnato da attacchi terroristici e disastri ecologici, penso alla passione e all’impegno di Pier Paolo Pasolini, ma anche a ciò che scrive  Paolo Cognetti nel suo libro Le otto montagne (Einaudi, Torino, 2016), premiato quest’anno con lo Strega.

Cognetti parla della bellezza della natura, della bellezza della montagna. Troviamo, dunque, una declinazione del medesimo tema: la conservazione della memoria del passato qui vede  protagonista la natura. Cognetti ci parla della memoria degli inverni passati conservata negli strati dei ghiacciai, dei sentieri che portano alle cime dove tutto è puro e i problemi sono lontani, di laghi e pietraie, di famiglia e di amicizia. Ci parla di un modo di conoscerci che ci regala solo la montagna: “pensare a dove mettere ogni mano e ogni piede, usare l’equilibrio e non la forza, e cercare di essere leggero […] esisteva soltanto la roccia che avevo davanti agli occhi, ed esistevano le mie mani e i miei piedi. Finché raggiunsi un punto da cui non si poteva più salire, e solo per questo mi resi conto di essere in cima”.

E proprio in questo agosto, in cui mi sono immersa nelle coinvolgenti pagine delle “Otto montagne”, ho dovuto sentire in un servizio televisivo che i nostri ghiacciai si stanno sciogliendo a un ritmo allarmante.

E allora, mi chiedo: cosa ne sarà della bellezza delle bianche cime del Monte Rosa? Cosa ne sarà delle nostre costruzioni artistiche? E cosa ne sarà di noi se non facciamo tutto il possibile in difesa della bellezza?

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