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Lo Zibaldone

Il teatro esistenzialista di Albertoni

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di Niccolò Lucarelli

Non è facile dare alle stampe una raccolta di testi teatrali. Il pubblico lo percepisce come un’opera per accademici, spesso fatica nel seguire uno scritto di cui appaiono i dialoghi e la scena è invece appena abbozzata, e nemmeno sempre. Eppure, ci sono case editrici coraggiose, che in nome della cultura, della bellezza della parola, si buttano in simili imprese e regalano a chi vorrà leggerli, momenti preziosi della cultura italiana. Il Sextante, diretta da Mariapia Ciaghi, è una di queste, sempre attenta a valorizzare autori con qualcosa da dire. Con una raccolta di dieci testi teatrali, è il turno di Pierluigi Albertoni, (Milano 1934), poeta, scrittore, saggista e regista, che negli anni ha affinato lo sguardo sull’essere umano del secondo Novecento, sulla sua solitudine, la sua amarezza nell’affrontare le vicende quotidiane, il senso di delusione che lasciano, e quella rabbia sorda che sale quando calano le tenebre.

Personaggi anonimi, simboli e specchi di tante storie gemelle, si muovono in stanze oscure, quasi sempre da soli, impegnati in dialoghi con interlocutori quasi sempre fuori campo, forse addirittura immaginari. Scene ammantate di sartriano bianco e nero, di gesti e parole più che di azione, il teatro nella sua essenza primigenia e più vera. Questi brevi atti unici possiedono l’anima dell’antica Grecia, personaggi e linguaggio sono messi a nudo davanti al lettore/spettatore, tutto è essenziale, non ci sono inutili orpelli barocchi,

Dai personaggi di Albertoni emergono Eraclito, Nietzsche, Sartre, Camus, Giordano Bruno; in quelle anime immaginarie, eppure vere anche al di fuori del palcoscenico, ci sono millenni di pensiero, di lotte interiori, di dubbi e follie, raccontati con la pacatezza del filosofo, anzi dell’antropologo. E la comprensione dell’artista.

Pur con un pizzico di follia, questi personaggi sono argonauti vocati forse a non appagare la loro ricerca, eppure indomabili nel proseguire il cammino, disposti comunque a credere in qualcosa, anche soltanto nell’illusione. Eroi leopardiani, verrebbe da dire, che reagiscono all’amarezza con il coraggio della follia.

Nonostante le apparenze, Albertoni non è un pessimista, perché anche nella tragedia trova la forza di rivolgere una sardonica risata contro l’ingratitudine dell’esistenza. In particolare le donne, che spesso l’autore sceglie come protagoniste.

Il registro linguistico, quotidiano, sobrio, ma non dimesso, si armonizza con le atmosfere di cui è traduzione fedele, così come è specchio di un’umanità che da tempo non può permettersi il superfluo.

 

Pierluigi Albertoni

Testi teatrali

Il Sextante Edizioni, 2019

pp.120, Euro 15,00

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