Lo Zibaldone
Il signore di Samarcanda
Come spiegare il ritardo con cui in Italia stanno giungendo i racconti e le poesie a tema non fantastico di Robert Erwin Howard? Altri scrittori e fumettisti han proseguito le saghe dei suoi stupendi personaggi, da cui sono nati pure cinque film (di cui solo quello diretto da Milius va ricordato) e giochi da tavolo, quindi? Le contorte vie dell’editoria su certi autori che arrivano da generi ancora bistrattati, sono miopi.
La casa editrice Elara sta offrendo col suo catalogo grandi opere meno conosciute di vari autori, e con Il signore di Samarcanda aggiunge un vitale tassello alla conoscenza di un gigante. Unici appunti: le poesie non hanno l’originale in inglese, e perché non inserire nel bel volume i racconti compiuti su Cormac Fitz Geoffrey al posto dei frammenti? Howard era un esperto della storia e amava riscriverla, modificando alcuni aspetti per motivi d’efficacia narrativa e contenutistica. Per il primo elemento, calava questi suoi alter ego (uomini di ferro formatisi in epoche feroci) negli scenari figli della fascinazione per l’esotico della sua epoca. Qui non sono i suoi affreschi fantastici a regnare, concettualmente simili ai capricci pittorici settecenteschi e all’eclettismo di fine 1800, bensì scenari storici, con una ricerca di fonti bibliografiche che fu immane. L’Oltremare (i regni dei crociati), l’Asia mongola e l’impero Ottomano sono i territori su cui come scacchiere si muovono le pedine dei suoi personaggi. Egli fa incontrare i suoi personaggi, nerboruti e violenti guerrieri laconici alcuni con codici d’onore severi altri sadici opportunisti, in un caos di violenza, scontri sanguinosi, intrighi, vanagloria, imperi che crollano e sorgono senza fine sulle rovine e i fasti di quelli precedenti. L’Asia (dove Napoleone vedeva i cambiamenti più grandi della storia) è il terreno su cui sviluppa in maniera diversa da Conan e Kane i suoi topoi: orde nomadi che emergono da profondità ancestrali seminando il terrore, tiranni freddi e spietati che calcolano ogni mossa ed elemento dalla sorte d’un singolo a quella di un impero, bastioni di fortezze sempre pronte a cedere ad un assalto poste ai confini di nazioni precarie…
Tutto è precario, la vita è un soffio in mezzo a splendori e miserie, gli uomini viaggiano in questo medioevo senza fine attraversando mari, vagando fra i continenti indistruttibili a meno che l’autore operi certe scelte; e Howard talvolta uccide i suoi protagonisti in modi sempre incredibili, ma per motivi profondi.
Questa raccolta svela ancora di più l’idea (e forse più che in Conan, tutto accade in un arco di tempo determinato dall’autore in una carrellata su una fase dell’età Hyboriana) della caducità della civiltà in mezzo alla barbarie, l’elemento tragico del potere, la ribellione dell’individuo ad una società ipocrita e violenta nel profondo. Egli faceva emergere quest’ultimo fattore puramente biografico (crebbe lottando contro coetanei ben più pericolosi dei moderni figli degeneri della crisi) come carburante al motore narrativo. Sempre preciso, fascinoso, duro, poetico. Elara ha fatto un grande servizio alla letteratura.
Robert E. Howard
Il signore di Samarcanda e altre storie orientali
Traduzione a cura di Annarita Guarnieri e Armando Corridori
Elara, 2018
pp.368, Euro 17,50

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