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Editoriale

Il mio viaggio finisce qui. L’Editoriale di Giuseppe Marchetti Tricamo (Marzo 2018)

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DI GIUSEPPE MARCHETTI TRICAMO

Sono stato sempre attratto dai viaggi in treno. È bello stare accanto al finestrino e alternare la lettura di un buon libro all’esplorazione del paesaggio che scorre velocemente al nostro fianco. Il panorama non è mai monotono, città, paesi, coste, boschi, ponti e fiumi si avvicendano per rendere intenso ogni momento. Poi, le fermate alle stazioni sono propizie per cogliere nei nuovi passeggeri atteggiamenti, espressività, gesti, linguaggi che talvolta sorprendono per la loro genuinità. A ogni sosta c’è una nuova storia da immaginare.

È per questa mia passione che paragono il nostro Leggere:tutti a un treno. Siamo partiti da Torino, dal Lingotto, dal Salone del libro. Era una bella giornata di primavera, era il maggio del 2005. Al via c’erano molti amici scrittori, alcuni hanno preso posto insieme a noi e ci sono rimasti vicini da allora a oggi. Molti altri si sono aggiunti a ogni stazione, che poi in effetti sono stati gli eventi che la rivista ha promosso negli anni. Il primo (che coincidenza!) è stato “il Treno degli scrittori per Galassia Gutenberg”, con percorso da Roma a Napoli, in occasione della fiera dell’editoria che si svolgeva nella città partenopea. Vagoni affollati da autori coordinati da Paola Saluzzi, che con i libri ha da sempre un feeling intenso.

Citare i collaboratori e gli amici che si sono impegnati per consolidare il successo della rivista sarebbe lungo e temo che questo spazio non sarebbe sufficiente. Loro però sanno, autori famosi o meno noti ma tutti preziosi, che io gli sono sinceramente grato. Inoltre, ritengo che i lettori li ricordino tutti per avere apprezzato, numero dopo numero, i loro articoli, che hanno donato a tutti noi suggestioni ed emozioni.

Fondamentali sono stati per me l’apporto costante, l’incoraggiamento e i consigli che ciascuno di voi, amici lettori, mi ha donato nei nostri incontri in occasione di fiere, eventi, presentazioni o scrivendomi una mail. Con voi ho condiviso la passione per la lettura e la buona consuetudine di frequentare librerie e biblioteche per scegliere i nostri libri, senza cedere alle lusinghe delle classifiche dei più venduti.

Nei lettori più giovani (ai quali la rivista dedica un ampio segmento) continuerò a riporre la speranza che saranno loro a invertire il trend di lettura in Italia. A scollare dal 40,5 per cento l’indice di lettori, che comprende – pensate un po’ – anche coloro che hanno letto soltanto un libro nell’anno! Saranno loro ad accorciare il gap che ci distanzia dagli altri Paesi d’Europa (62,2% Spagna; 68,7% Germania; 84% Francia; 90% Norvegia)? Saranno i Millenial o la Generation Z a raggiungere l’obiettivo fallito ai Baby boomer? Coglieranno l’essenza di quella antica sollecitazione di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”? Spero che non diventeranno replicanti della pigrizia intellettuale e della apatica disattenzione verso i libri dei loro padri e dei loro nonni. Spero che vorranno dare ascolto alla ricerca condotta tempo addietro da Cesmer-Università RomaTre per il GeMS, che dice che i lettori sono più felici dei non lettori e meglio attrezzati cognitivamente ad affrontare le emozioni negative. L’intero comparto dell’editoria lo auspica fortemente.

Il mio, dicevo, non è stato un viaggio su un treno poco frequentato. Voi lettori-militanti ci siete sempre stati: a Barcellona per la festa di San Giorgio, dove tra uomini e donne ci si scambiano libri e rose; a Montecatini per Food&Book; a Torino e a Milano per le manifestazioni dei grandi editori e a Roma per la fiera dei medi e dei piccoli. Ma, poi, un viaggio in treno può essere solitario? Da sempre n’è ricca la letteratura. Ce lo hanno fatto amare Agatha Christie con Assassinio sull’Orient Express, George Simenon con Il treno, Irène Némirovsky con Notte in treno, Graham Greene con Il treno d’Istanbul e Paolo Rumiz con L’Italia in seconda classe. Ricordo che era di terza classe la littorina che in anni lontani in Sicilia mi portò a visitare Racalmuto, il paese di Sciascia (possiamo rileggere le sue opere ripubblicate da Adelphi).

Può capitare che dal treno il panorama rischi di diventare ripetitivo. “Stabilire quando è impossibile”leggo sul libro che mi fa compagnia in questi giorni, Le tre del mattino (Einaudi): il suo autore, Gianrico Carofiglio, ricordando una poesia di Constantinos Kavafis, mi esorta a non cadere in balìa del quotidiano. “Non è il risultato di una discontinuità improvvisa, succede un giorno dopo l’altro, come per effetto di uno smottamento che a volte è impercettibile. Te ne accorgi dopo anni”. E io temo, se non è già capitato, che presto succederà anche a me. Quindi “credo che sia meglio per me cominciare a tirare giù la valigia”(Giorgio Caproni, Congedo del viaggiatore cerimonioso) e pertanto “chiedo congedo a voi/ senza potervi nascondere, lieve, una costernazione./ Era bello parlare/ insieme, seduti di fronte”.

Questa è la mia stazione. Ringrazio l’Agra e il tenace Sergio Auricchio; con loro c’è più di un corretto rapporto tra editore e direttore della rivista, c’è una comune visione sul presente e sul futuro dell’editoria, ma soprattutto c’è una leale amicizia.

Il mio viaggio finisce qui. Sbarco. A tutti buon proseguimento.

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