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Musica

Il mezzo secolo degli Osanna

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di Gildo De Stefano

Cinquant’anni e non dimostrarli è un traguardo di pochi, in special modo se si tratta di una rock-band, sicuramente la più longeva, famosa, e bandiera di quel ‘progressive rock’ sorta alle falde del Vesuvio. Sto parlando degli Osanna, con il loro leader storico Lino Vairetti, che dopo ben mezzo secolo di onorata attività è stata celebrata con una biografia dal titolo “L’UOMO – Sulle note di un veliero” (Iacobelli editore, Guidonia 2021, pagg. 222, €. 18,00) con un didascalico quanto rappresentativo sottotitolo, “Vita e arte di Lino Vairetti e degli Osanna” ad opera del critico musicale Franco Vassia, il tutto accompagnato da un eccellente CD e DVD della nuova formazione, naturalmente opera discografica dedicata al compianto e grande chitarrista Danilo Rustici. Il titolo non poteva che essere quello della loro canzone-simbolo della band partenopea, assurta agli onori della fama nazionale e internazionale per aver accompagnato il celeberrimo film di Fernando Di Leo, “Milano Calibro 9”, creando così il sodalizio Osanna e Luis Enriquez Bacalov.

 

Ho ancora impresso nella memoria il giorno in cui ho conosciuto Lino Vairetti. Avevo da poco sciolto il complesso in cui suonavo le tastiere e avevo intrapreso da poco l’attività di giornalista musicale, e a tal proposito rincorrevo il compianto Clodomiro Tarsia, critico spettacoli del quotidiano ‘Il Mattino’ di Napoli, quando una mattina inoltrata Clodo (così amava chiamarsi tra gli amici) mi dice di accompagnarlo da Vairetti. E quando quest’ultimo ci aprì le porte di casa ebbi un sussulto al cuore, poiché di fronte nella stanza il mio sguardo intravide il suo Arp Odissey, della grande famiglia dei moog, praticamente ebbi una folgorazione poiché assieme all’organo Hammond erano i due strumenti musicali che avevo sempre sognato e mai posseduti poiché non potevo permettermeli. Un’altra folgorazione l’ebbi quando poi Clodo fece le presentazioni e quando strinsi la mano a Lino: beh, è il caso di dire il mitico Lino Vairetti, poiché nel nostro ambiente musicale dei complessi degli anni ’70 gli Osanna rappresentavano un mito irraggiungibile, fin dai tempi del “1° Be In” al Villaggio Kennedy ai Camaldoli, nel primo pomeriggio del giugno del ’73: data memorabile in Campania, in cui si esibì il Gotha dei gruppi del progressive-rock: praticamente la risposta partenopea al II° Festival pop di Caracalla di due anni prima

 

Il libro, che consta di ventotto capitoli, è il summa di cinquant’anni di attività non solo musicale ma anche artistica poiché la creatività soprattutto del leader Vairetti si era spinta nel fondere arte figurativa e sonorità, palesando tale fusione negli abiti di scena e negli stessi corpi dei componenti il gruppo, nelle magiche quanto surreali esibizioni e che ebbe il suo massimo fulgore nella rappresentazione scenica dell’album “Palepoli”, metafora di una società ideale, unica meta in cui l’uomo può raggiungere la felicità, e luogo in cui non si è palesata quella “mutazione antropologica” descritta da Pier Paolo Pasolini. Una ‘civitas’ in cui gli uomini si riconoscono tali, in cui il valore delle loro capacità sono avulse dal danaro: esseri umani la cui metamorfosi voluta a tutti i costi dalla nuova ideologia non è ancora avvenuta nel ruolo di consumatore seriale.

 

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