Musica
Il grande salto di Miles Davis
Gli anni a cavallo tra i ’60 e i ’70 vanno considerati come lo spartiacque concettuale per la musica jazz e rock, quel catalizzatore che fece abbattere i confini tra i generi musicali, la nuova modalità di coniugare al meglio i diversi linguaggi per plasmare un sound completamente nuovo, libero e molto creativo. E per comprendere al meglio cosa fosse quel catalizzatore ritorna in libreria un fortunato quanto essenziale volume del 2009 di due valenti musicologi, Enrico Merlin e Veniero Rizzardi, “Bitches Brew” (Il Saggiatore Editore, Milano 2022, pagg. 429, €. 32,00), una minuziosa disamina di ciò che universalmente parlando viene considerata la pietra miliare post-svolta elettrica di Miles Davis nonché la resurrezione di un jazz ormai appassito. Il libro è un’analisi minuziosa di quelle fatidiche sedute di registrazioni, sfociate nel doppio album “Bitchess Brew” del 1970, praticamente un fiume in piena di improvvisazioni in virtù del quale Miles Davis proseguì la sua esplorazione sonora prima di ennesimi repentini cambiamenti che caratterizzarono i successivi decenni della sua straordinaria carriera musicale.
Dopo l’enorme successo di Woodstock c’era la necessità di far risalire il jazz alle vette conquistate dal rock. L’etichetta di Miles, la Columbia, premeva affinché si sfornasse qualcosa che desse al jazz quel tocco magico che fagocitasse le masse giovanili, facendo pressione sul trombettista ad entrare in studio per registrare “Bitches Brew”. Più volte Miles cercava di far comprendere a quelli della Columbia che non era pronto a diventare un pezzo da museo e, quindi, a non voler essere messo nel catalogo dei classici. Aveva intuito chiaramente una strada verso il futuro e stava cominciando a seguirla; e non certo per far piacere alla Columbia o al loro mercato, né tantomeno per un fatto meramente commerciale. Innanzitutto Miles cercava di farlo per se stesso, per quello che voleva e di cui aveva bisogno nella sua musica. La sua priorità era cambiare strada, doveva cambiare strada per se stesso, per continuare a credere e amare quello che stava facendo.
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