Lo Zibaldone
Il coraggio di essere felici
Quantunque Alfred Adler sia stato ‒ assieme a Freud e Jung ‒ uno dei pionieri della psicologia novecentesca e della psicoanalisi, il suo nome è oggi poco noto tra i non addetti ai lavori; quindi la pubblicazione del libro (in bilico fra il conte philosophique e il saggio) Il coraggio di essere felici, dei due studiosi giapponesi I. Kishimi e F. Koga, può indubbiamente essere utile alla riscoperta d’un tale gigante, finito nel dimenticatoio collettivo. Si tratta, infatti, d’un testo di agevole lettura che, tramite un dialogo fra un “giovane” e un “filosofo”, esplora in modo lineare ma puntuale l’essenza del pensiero adleriano,
Il giovane in questione ‒ un insegnante che sta attraversando una duplice crisi: sia personale, sia professionale ‒ si rivolge al suo vecchio maestro confessandogli le proprie frustrazioni e, in parallelo, contestando la Weltanschauung (visione del mondo) di matrice adleriana cui il filosofo aderisce. L’anziano saggio prima ascolta lo sfogo, quindi inizia con estrema pacatezza a parlare. In primo luogo del rispetto quale elemento indispensabile in ogni ambito relazionale ‒ specie in quello educativo ‒; rispetto che comporta soprattutto il non imporre agli altri le proprie idee. Poi parla del coraggio maggiormente necessario nella vita: quello di cambiare se stessi, smettendola con recriminazioni e piagnistei quando ci si renda conto che un certo modo di porsi nei confronti della realtà è fonte di profonda insoddisfazione.
Il giovane un poco alla volta si acquieta, comprende la inutilità delle sue lagnanze, inizia a discutere con minor foga/aggressività e giunge a toccare il tema basilare del libro: quello della felicità e di come raggiungerla, rimanendo stupito da una frase del filosofo: “la gioia deriva tutta dalle relazioni interpersonali”. Il discorso si fa ancor più interessante quando l’anziano maestro cerca di far comprendere al suo interlocutore come sia illusorio ritenere che essere felici equivalga al ricevere/ottenere ‒ amore, comfort, pecunia, ecc. ‒, misconoscendo l’importanza del dare/donare ad altri tali cose. Il filosofo, insomma, vede nell’egocentrismo la radice di tutti i mali e considera la monade autoreferenziale dell’io una prigione/costrizione da cui si può evadere solo imparando ad aprirsi al tu.
Il massimo della felicità, in quest’ottica, è l’amore, qui definito provocatoriamente giusto come: “una liberazione dall’«io»”. Ma non si tratta soltanto del rapporto privilegiato con una persona. L’eros tra due individui non basta a farli davvero felici; occorre ‒ cristianamente ‒ praticare l’agape: l’amore oblativo, fraterno, universale. Osserva a tale proposito il filosofo: “Conoscere l’amore e cambiare il soggetto della vita passando al «noi» è un nuovo inizio per l’esistenza. Alla fine il «noi» che è iniziato come due persone si estende all’intera comunità e a tutta la razza umana”.
Venendo all’altra tematica del libro, ovvero all’importanza di una corretta/sana educazione ‒ non certo solo istruzione, si badi bene, o apprendimento di questa o quella tecnica, materia, disciplina specifica ‒, va ricordato come Adler sia convinto che, in primis, gli insegnanti debbano promuovere nei loro scolari la fiducia in sé stessi e negli altri, la cooperazione (non già la competizione), il dialogo (non il monologo, magari frutto di un testo memorizzato) e infine l’accettazione dei propri (e altrui) limiti.
Un’ultima citazione, tolta dalle pagine finali del libro, che fa luce sul compito umanitario – all’insegna della prassi, ben prima che della teoria ‒ di cui si sentiva investito l’ancora troppo poco noto psichiatra, psicoanalista, filosofo e pedagogista austriaco: “Adler non sperava che la sua psicologia si cristallizzasse in una dottrina e che si tramandasse solo tra gli esperti, bensì che si affermasse come psicologia per tutti e continuasse a prosperare, lontano dal mondo accademico, come buonsenso diffuso tra le persone”.
C’è da augurarsi che la lettura di questo stimolante dialogo induca molti a prendere visione anche di qualcuna tra le principali opere di Alfred Adler, ormai tradotte e pubblicate da vari editori italiani.
Ichiro Kishimi e Fumitake Koga,
Il coraggio di essere felici. L’autentico cambiamento è nelle nostre mani
De Agostini, 2021
pp. 283, euro 16,90
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