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Lo Zibaldone

I “Percorsi” di Giovanna Bruco

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di Rosanna Santangelo

La prima opera che ho letto di Giovanna Bruco è stata La zucca di Cenerentola vincitrice nel 2006 del primo premio per la Saggistica Onlus Belmoro. Si trattava di un Saggio critico su “L’errore pedagogico” come precisa il sottotitolo: un testo legato alla formazione dell’autrice e alla sua attività professionale. Fui perciò sorpresa di non trovarmi di fronte alle caratteristiche proprie del saggio, cioè all’approfondimento di un tema delimitato, bensì ad un testo che- per struttura, stile ed uso delle figure retoriche, in particolare della metafora- presentava notevoli qualità letterarie e poetiche tali da diventare prevalenti nel capitolo in appendice Pensa la notte la cui atmosfera notturna e sognante poteva sembrare fuori luogo in un saggio pur tuttavia riassumendone il senso.

I componimenti di Percorsi costituiscono una ulteriore conferma delle qualità stilistiche che nel “percorso” hanno acquistato spessore. Una poetica esplicita sin dalle primissime pagine- che a cominciare dal titolo che richiama il tempo e l’esperienza del cammino evolutivo e dalla dedica  “alle tenaci utopie”- esprimono la spinta alla ricerca e alla realizzazione trasformativa.

Il primo componimento della raccolta, Crisalidi, è l’autentica dichiarazione di questo elemento fondamentale che percorre il testo. La crisalide infatti, quasi universalmente, è simbolo di trasformazione profonda, di passaggio ad una fase ulteriore di formazione; il suo esito è la metamorfosi in farfalla: la greca Psyché, come simbolo dell’anima nel senso del respiro, della rinascita, della speranza. La “crisalide” qui si riferisce ai “pensieri incerti”, forse contraddittori, ma ciò a cui essi tendono, è “l’ideale” e il “reale”, nell’immagine del “pane” e del “regalarsi alla gente” cioè la sopravvivenza vitale nei rapporti interumani.

Occorre premettere che ciò che emerge dalla lettura di Percorsi- come recitano i cenni biografici di copertina- è che la poetica dell’autrice si “ispira” all’opera teorica dello Psichiatra Massimo Fagioli che giunge alla cura della malattia mentale partendo da una concezione dell’essere umano che supera il dogma storico-culturale fondativo del pensiero occidentale il quale ritiene l’uomo originariamente scisso tra realtà inconscia e razionalità cosciente e vede nella ragione la proprietà essenziale che struttura l’identità umana respingendo il non cosciente come animalità, distruttività, peccato, o, al limite irruzione creativa ma folle.

Nella teoria della nascita di Massimo Fagioli invece l’origine del pensiero non risiede nella evoluzione razionale ma nella formazione dell’immagine interna simultanea alla fantasia di sparizione che il neonato, nel venire alla luce, fa contro la realtà esterna che lo aggredisce. Qui l’origine strutturante del pensiero è costituita dalla fusione della pulsione corporea di sparizione con la formazione della prima immagine come pensiero sensitivo e immaginativo. Noi umani ci esprimiamo metaforicamente proprio perché all’origine il nostro pensiero è per immagini.

Ed è questo pensiero che permea anche inconsapevolmente il movimento e il comportamento umano, l’espressione verbale, le scelte, i sogni. E la poesia della nostra autrice.

Ritengo una significativa coincidenza che Percorsi abbia ricevuto un premio e veda la sua prima pubblicazione proprio in concomitanza con il Convegno che si è tenuto il 18 e 19 Novembre scorso al Teatro Olimpico di Roma, promosso dalla Fondazione MF per i 50 anni dalla pubblicazione di Istinto di morte e conoscenza, il testo fondativo e più internazionale della sua teoria.

Giovanna Bruco

Percorsi

Ibiskos Ulivieri, 2022

pp. 60, Euro 15,00

 

 

                                                      

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