Lo Zibaldone
I librai pontremolesi – Storia esemplare di un mestiere meraviglioso
di Federico Mussano
Il caso e il libro: la storia dei libri è piena di pagine aperte a caso, dalle Confessioni agostiniane in mano al Petrarca fino agli schiavi americani che battezzavano i figli secondo nomi individuati casualmente sulla Bibbia. I pastori librai della Lunigiana – i Maucci, i Tarantola, i Bertoni, i Fogola e tanti altri (impossibile qui citarli tutti) raccontati da Oriana Fallaci su Epoca nel 1952 – che giravano «per le campagne italiane a offrire con mille accorgimenti i libri ai contadini […] aprivano per esempio una pagina qualsiasi dell’Orlando Furioso e cominciavano a declamare» si sottoponevano a estenuanti viaggi in diligenza per andare dagli editori delle grandi città e barattare i prodotti della terra (castagne, formaggio, foglie di gelso) con resti di magazzino.
I librai pontremolesi (“pontremolesi” – come precisa l’autore scomparso nel 2008 dopo una vita vissuta secondo molteplici interessi, i libri naturalmente ma anche la botanica e la cucina – perché fu Pontremoli a organizzare nel 1952 il primo convegno dei librai diventati quindi da quel momento, “pontremolesi” anziché “lunigianesi”, da Mulazzo a Montereggio a Parana) è una storia che parte da lontano, da Jacopo da Fivizzano che nel 1471 stampava con i neonati caratteri mobili seguito una ventina di anni dopo da Sebastiano da Pontremoli con uno dei primissimi testi utilizzanti caratteri greci. Una storia che prosegue nei secoli, anche al di là delle Alpi, con un Galleri che nella Germania del XVII secolo stampava gli emblemi chimici dell’Atalanta Fugiens e che porterà nel Risorgimento i librai montereggini a occultare coraggiosamente nelle gerle – tra un Decamerone, una Gerusalemme e qualche pietra da rasoio – scritti mazziniani e opuscoli inneggianti all’Italia unita. La diffusione di opere patriottiche e le conseguenti indagini poliziesche spinsero quindi il libraio Maucci (non prima di aver preso con sé decine di copie dei Promessi Sposi e di testi in spagnolo) a raggiungere il Sudamerica come mozzo di una nave: il mozzo diventò poi l’imprenditore di successo della Casa Editoryal don Carlo Maucci.
Si viene poi ai tempi moderni con l’anno 1952 già citato: un anno di svolta, un giorno storico l’11 agosto con la dichiarazione di «simpatia all’idea che venga istituito un premio letterario denominabile Premio Bancarella», la “bancarella” aveva soppiantato la gerla, si era poi affiancata ai negozi e alle librerie aperte in ogni parte di Italia. Italia ed estero: del resto il primo vincitore del Premio Bancarella non fu forse Ernest Hemingway?
G. B. Martinelli
I librai Pontremolesi – Storia esemplare di un mestiere meraviglioso
Tarka, 2015
pp. 208, Euro 16,50

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