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Le colline di Firenze nell’Ottocento, fra orti, parchi e giardini
di Niccolò Lucarelli
Giunge a compimento la pubblicazione, da parte dell’antica casa editrice fiorentina Leo S. Olschki, della monumentale opera in sei volumi di Angiolo Pucci dedicata ai giardini di Firenze, con la curatela di Mario Bencivenni e Massimo de Vico Fallani, architetti esperti di paesaggio nonché autori di numerose pubblicazioni n materia.
Angiolo Pucci (1851-1934), ultimo esponente di una tradizione dell’arte paesaggistica che a Firenze vanta numerosi esempi di altissimo livello, fu curatore del Giardino di Boboli, collaboratore di Giuseppe Poggi nella progettazione delle aree verdi di Firenze Capitale, e sovrintendente ai Pubblici Giardini. Nello svolgere i suoi incarichi a contatto con la natura, fu animato in vita da una profonda passione per l’orticultura, e dalla ricerca della maniera migliore per mettere questa scienza al servizio dell’architettura e della società; un’ottica, la sua, intelligente e moderna, che denota l’attenzione per la qualità della vita cittadina, senza prescindere dall’estetica, una cosa spesso carente nella moderna progettazione urbanistica.
Se nei volumi precedenti Pucci ha sviscerato la storia del giardino dall’Età Antica all’Ottocento, si è concentrato sulla storia delle aree verdi pubbliche e private della città di Firenze così come dei suoi immediati dintorni, in chiusura d’opera conduce il lettore alla scoperta di parchi e giardini sparsi sul territorio collinare che circonda la città, e che si estende da Bagno a Ripoli a Capraia e Limite, da Vallombrosa al Mugello, e dalla Val di Sieve alla Val d’Elsa fino alle amene colline del Chianti. Si entra quindi nel dettaglio della storia paesaggistica dei piccoli e grandi comuni che fanno corona a Firenze, se ne conosce l’evoluzione da territorio selvatico e principalmente agreste a territorio preferito dalla nobiltà in cerca di quiete e scorci idilliaci, e che nel tempo, appunto, si ricopre di signorili dimore circondate da parchi e giardini, cosiddetti “di delizia”. Ma non di sole aree verdi private si parla nel libro, poiché Pucci approfondisce anche le vicende di quelle di pertinenza di abbazie, pievi e canoniche, che avevano i loro orti necessari al sostentamento delle comunità monastiche o anche del solo prevosto, e spesso possedevano anche vasti appezzamenti coltivati a viti o ulivi. Un affascinante viaggio nel passato di territorio che nel tempo hanno comunque mantenuto almeno un po’ del loro carattere antico, come Barberino di Mugello, San Piero a Sieve, Dicomano, San Casciano in Val di Pesa, e di altri che invece il “progresso” industriale e l’urbanizzazione hanno profondamente mutato, come Calenzano e Sesto Fiorentino.
Impreziosiscono il volume sia le sovraccoperte – sulle quali spiccano belle fotografie d’epoca -, sia l’ampio apparato iconografico interno, con numerose fotografie, mappe dei giardini, vedute cittadine e documenti d’epoca. Inoltre, un ampio apparato bibliografico fornisce le indicazioni per ulteriori approfondimenti, sicuramente graditi ai cultori della materia.
Agnolo Pucci
I giardini di Firenze, vol. VI
Leo S. Olschki, 2022
pp. XLVI-588, Euro 48,00
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