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Giuseppe Costanza racconta Giovanni Falcone agli studenti dell’IC Camaiore 3

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Otto anni vissuti fianco a fianco con il giudice Giovanni Falcone, nella vita pubblica e anche in quella privata, affrontando gomito a gomito, giorno dopo giorno tutti i rischi che ciò comportava fino a quel drammatico 23 maggio di 27 anni fa, quando centinaia di chili di tritolo piazzati sull’autostrada di Capaci uccisero il magistrato, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Giuseppe Costanza, che quel giorno, invece di essere al suo solito posto del guidatore – in quanto autista personale del giudice – sedeva stranamente sul sedile posteriore dell’auto, guidata dallo stesso Falcone, a quella terribile strage è scampato. Non sa neanche lui come e perché, semmai ci possa essere un perché. Sa però che da quel 23 maggio 1992 non si è dato pace e una volta rimessosi dalle gravissime ferite riportate nell’attentato si è prefisso una missione: portare la sua testimonianza in giro per l’Italia perché l’omicidio del giudice Falcone prima e del giudice Borsellino dopo, non siano semplicemente archiviati sotto l’etichetta di “stragi di mafia”, ma trovino una spiegazione veritiera nel contesto economico e politico in cui si sono verificati.
Ecco perché da anni Giuseppe Costanza – coinvolto dal Miur in questo progetto – attraversa lo Stivale in lungo e in largo per incontrare gli studenti. E’ alle loro coscienze di cittadini di domani che vuole arrivare: così ha fatto nei giorni scorsi all’istituto comprensivo Camaiore 3 di Capezzano (medie ed elementari). Ai ragazzi ha raccontato di quando il giudice Falcone lo chiamò per chiedergli la disponibilità a diventare il suo autista personale, di quando – vista la sua abilità come parrucchiere – si recava a casa del magistrato per tagliargli i capelli e la moglie Francesca Morvillo arrivava con il vassoio del caffè. Un rapporto stretto, quasi fraterno e privato: una sorta di album di famiglia, inusuale per chi ha sempre visto e vissuto Giovanni Falcone come un personaggio di una grandezza inarrivabile. Falcone e con lui Borsellino, ma anche Rocco Chinnici, Peppino Impastato, don Puglisi, il generale Dalla Chiesa. Volti e nomi che sono apparsi sullo schermo dell’auditorium. Tutti martiri di mafia “ma – ricordati ha ribadito Costanza ai ragazzi che lo hanno subissato di domande – la mafia è solo la manovalanza, dietro a cui stanno i colletti bianchi”. Una testimonianza che Giuseppe Costanza poco più di un anno fa, grazie alla collaborazione con Riccardo Tessarini, ha raccolto in un libro dal titolo “Stato di abbandono” (Edizioni Minerva), in cui denuncia anche la sua personale “emarginazione” , “rottamato” da una burocrazia che lo ha voluto in qualche modo togliere di mezzo, lui in qualche modo depositario di informazioni e ricordi preziosi sul giudice Falcone e sugli anni caldi della lotta alla mafia.

Cristina Bulgheri

 

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