Lo Zibaldone
Gillo Dorfles, essere nel tempo
Un’antologica, curata da Bonito Oliva, fino al 17 aprile al Macro di Roma. Catalogo Skira.
DI MIMMO MASTRANGELO
A destare stupore di Gillo Dorfles certo non sono gli anni che ormai hanno raggiunto la bellezza delle centosei primavere. Quello che, invece, continua a sorprendere di lui è il dinamismo con cui le “due anime, del critico e dell’artista, vengono tenute in attività. Una vivacità intellettuale e creativa che viene testimoniata pure dall’antologica “Essere nel tempo” visitabile fino al prossimo 17 aprile al Macro di Roma e dedicata al Dorfles-artista da Achille Bonito Oliva (che cura anche il notevole catalogo Skira). Paladino di un’arte tendenzialmente avanti ed inattuale, ma che non disdegna metodiche del passato, Dorfles è rimasto col tempo l’artista particolarmente dedito a soffermarsi su motivi spaziali e temporali. Naturalmente la mostra romana offre un motivo in più per rivedere il Dorfles protagonista – insieme a Bruno Munari, Atanasio Soldati, Luigi Veronesi, – del Mac (Movimento di Arte Concreta) che si sviluppò alla fine degli anni quaranta del secolo scorso in antitesi alla lingua realista di artista come Guttuso. Con il Mac sulla scena dell’arte, Dorfles crea, inventa, lavora per non fare della superficie pittorica registro di una narrazione introspettiva, ma solo il piano di una realtà che è quella del colore e della forma. “Ho sempre amato il ghirigoro astratto – commenta lo stesso Dorfles – un tipo di figurazione spontanea…Potrei definirla una tipologia espressiva autoctona che ho sviluppato fin dai tempi del liceo. Quando poi ho conosciuto Klee e Kandisnskij non mi è parso vero di ritrovare una modalità figurativa che si avvicina alla mia”. La sua pittura si condensa in una selezione di immagini vivacizzate da un’atmosfera sognante di colori e “dagli andamenti virtuosi della linea, dalla magia trasparente delle forme e dallo slancio dei segni che ondeggiano nello spazio”. “Pittore zen” lo definì anni fa Arturo Carlo Quintavalle, incline verso la ricerca di un vuoto che non vuole essere l’equivalente di un’assenza materica, ma solo inventiva di segni e trame coloristiche distanziati da una definita figurazione. ” Gillo Dorfles – scrive in catalogo Achille Bonito Oliva – assume l’immagine come coagulo di molti flussi, come emergenza di male spinte che guidano l’impulso creativo. Essa diventa il nuovo soggetto dell’opera, l’artista è il tramite attraverso cui transita la sensibilità che, nei suoi spostamenti, porta all’opera e al risultato. Questa, nella sua persistenza finale, è il frutto di una elaborazione che trova l’etica di un tempo di esecuzione perduta nei procedimenti dell’arte concettuale”. In Dorfles, in sostanza, basta un ritmo, un accordo di pennellate delicate, una messa a fuoco dentro una sensuale istintività del colore e del segno per rendere maestosa l’arte contemporanea e il suo astratto ghirigoro.
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