Lo Zibaldone
Gigi Proietti, un rifugiato poetico
Era il 1970 quando mia madre, appassionata di teatro, colse alla televisione Don Chisciotte, uno sceneggiato per ragazzi, recitato da un attore spigliato con una bellissima voce: era Gigi Proietti, e lei, alzando il sopracciglio sinistro, commentò: “Quest’uomo farà carriera… ed è pure bello!”. Ancora doveva prendere il posto di Domenico Modugno in “Alleluia brava gente”, lo spettacolo di Garinei e Giovannini di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo, e Proietti già si stata facendo strada nel mondo dello spettacolo.
Nato e deceduto nel giorno dei morti, una ricorrenza sempre festiva a scuola, Gigi Proietti è stato Maestro della romanità, quella sorniona, che strappa sempre un sorriso, anche se si parla di scomode verità.
Dopo la sua morte, le figlie Carlotta e Susanna, con Sagitta, la compagna di una vita intera, hanno recuperato scritti e appunti sparsi ovunque in casa e ne hanno realizzato il libro ‘Ndo cojo cojo, un omaggio alle tradizioni romanesche, alla capacità di sintesi del dialetto utilizzato, alle pennellate ironiche e divertenti che ricordano “la Roma di un tempo, un tempo indefinito che però conserva un’ingenuità e uno spirito che noi romani abbiamo un po’ dimenticato.”.
Poesie, sonetti, versi liberi, brevi racconti, dediche a personaggi che hanno lasciato solchi importanti nella vita del cinema e del teatro e dei quali ancora oggi proviamo nostalgia.
S’intuisce, nel libro, che tanti suoi scritti sono incompleti e improvvisati, appena abbozzati con l’intento di riprendere quei pezzetti di carta e completarli in un tempo successivo: una punta di malinconia coglie il lettore, toccando il profondo dell’animo.
Una bellissima testimonianza d’amore, questa della famiglia di Gigi Proietti, che ci ha donato attimi così intimi e personali di uno straordinario artista, capace di aver portato tanta gente a teatro con generosa capacità di affabulazione.
Gigi Proietti
‘Ndo cojo cojo
Rizzoli
Aprile 2021
pp. 220
€ 17,50
You must be logged in to post a comment Login