Lo Zibaldone
Gianni Biondillo: Milano che cambia
Eccome se c’è Milano nei libri e nella professione di Gianni Biondillo, scrittore e architetto. O architetto e scrittore. Le ispirazioni letterarie sembrano perfettamente legate ad un lavoro che richiede capacità di guardarsi attorno e di vedere e di immaginare il mondo che cambia, magari anche quello spicchio che va da una fermata di autobus all’altra
di Sandro Capitani
Biondillo ha la voglia di raccontare e di non lasciarsi passare le cose addosso, da qualunque angolo le si guardi, senza girarci attorno. Ci sentiamo al telefono il giorno dopo il voto amministrativo di inizio ottobre, che ha confermato per la seconda volta Giuseppe Sala sindaco della città. “Milano è così – dice Biondillo – sa riconoscere chi fa le cose per bene, chi si impegna per un risultato comune, e non permette alla politica di entrare più di tanto nella vita cittadina. La classe dirigente delle imprese, del lavoro, fa il suo cammino a prescindere dalla politica, va comunque avanti. Quando si cambia una giunta comunale non tutto viene buttato via come succede altrove, si sanno valutare i risultati e riconoscere ciò che è stato fatto di buono. In questo Sala è molto milanese. Ha sempre dichiarato di non avere tessere di partito in tasca, a seguito una sua linea. Milano ha una vocazione internazionale che alla fine prevale, che viene sempre fuori, anche se ci sono stati periodi difficili”. Una città che sa dunque cambiare, mi segno il primo punto, una città che non si ferma a lamentarsi dei suoi problemi, che evidentemente ci sono. “Negli anni ‘80 Berlino era il più grande cantiere d’Europa. Visitavo quella città e pensavo che in Italia una cosa così non sarebbe mai successa. Poi è venuto l’Expo del 2015 e Milano è diventata un grande cantiere europeo. Da allora è accaduto di tutto. Ho un amico di Roma che quando veniva a Milano ed arriva alla stazione di Porta Garibaldi mi diceva ogni volta, di non sapere dove si trovava, non riconosceva i luoghi. Tutto è cambiato in fretta, tutto è stato ed è in evoluzione. Io sono nato e vivo a Milano e forse alcune cose possono sfuggire, ma l’evoluzione è evidente. Milano trenta anni fa era molto diversa, interi quartieri sono stati creati in zone lontane dal centro, gli scali ferroviari inglobati nella metropoli. Nel 1800 aveva un patrimonio agricolo che la rendeva ricca ed importante; nel secolo successivo è diventata un polo industriale per il Paese. Ha superato Torino, la città fabbrica della Fiat, ed è nata l città delle fabbriche, la Pirelli, la Magneti Marelli, la Breda, il regno delle costruzioni meccaniche. Successivamente sono nati i grattacieli, la piazza intitolata a Gae Aulenti, le costruzioni legate all’Expo. Ora si guarda già alle Olimpiadi del 2026, quando Milano già sarà diversa e lo sarà ancor di più tra dieci anni. È un percorso impressionante. Nel periodo di Tangentopoli è stata una città addormentata, quella Milano da bere che sembrava appagata dal successo, dalla nascita delle tv commerciali, dalla moda e dai quattrini. Con Tangentopoli è caduto il mito della capitale morale contrapposta a Roma, è venuto a galla il malaffare. Sono stati 15 anni di Purgatorio che hanno richiesto un cambiamento radicale della pelle della città”. L’architetto Biondillo ha scritto libri, in cui Milano e il suo lavoro sono protagonisti. Uno su Giovanni Michelucci, visionario creatore di luoghi, e poi Lessico metropolitano, grande racconto sulle città e sui problemi delle città, dove non mancano riferimenti alla crisi ambientale che viviamo e ai cambiamenti sociali delle metropoli e dei territori, e ancora Passaggio a nordovest. Milano a piedi, dal Duomo alla nuova Fiera, e ancora Metropoli per principianti, un atto d’amore per l’architettura e la scrittura. Ma c’è qualcuno che si aggira nella città e che Biondillo conosce molto bene. È l’ispettore Ferraro, protagonista dei suoi libri, gialli o noir, pubblicati da Guanda. È a caccia di scomode verità, in luoghi nuovi in cui vibra la città nuova, con tante facce diverse, di tanti colori. “Ferraro non capita mai a piazza del Duomo e non si ferma a guardare la Madonnina. Vive e lavora in luoghi non convenzionali di Milano, dove si trova la città più autentica, il 90% dei milanesi. Il centro storico è una realtà molto piccola, inglobata in quartieri moderni, popolari, costruiti con il boom economico. Sono quelle periferie con una loro anima e una loro storia che nessuno raccontava. Io sono vissuto per molti anni a Quartoggiaro, poi mi sono spostato nella Milano multietnica, lontana mille miglia dalla tradizione cittadina. Erano luoghi marginali, ora sono città. Mi piace raccontare le trasformazioni urbane attraverso i romanzi di genere, gialli o noir che siano. I giallisti sono scrittori, scrivono romanzi. Io scrivo libri di viaggi, nei quali descrivo i nuovi luoghi metropolitani, narro la vita dentro e oltre le tangenziali. In alcuni libri anche di scrittori famosi come Nesbo la città non la senti, è fredda. Io faccio il percorso inverso. Per questo mi muovo a piedi, con i mezzi pubblici, sto in mezzo alla gente. I libri in cui l’ispettore non è protagonista li considero quasi dei manuali d’istruzione per capire i miei romanzi. Mi piace raccontare le trasformazioni urbane ei cambiamenti delle città. Mi piace avere competenza d’architetto ma lingua di scrittore e ricordo sempre che possiamo vivere senza libri, senza cinema, ma certamente senza case. La civiltà, la politica, trovano le risposte nelle città. I miei saggi sono senza note, non voglio che sembrino libri di studio. Devono essere appassionanti come un romanzo e soprattutto devono essere senza polvere.” Ecco che l’architetto sembra prendere il sopravvento sullo scrittore, e allora insistiamo sul tema: perché c’è questa incapacità o questa mancanza di voglia di programmarle, di immaginarle le nostre città? “Siamo un popolo che diventa vecchio – risponde Gianni Biondillo – non abbiamo grandi idee per il futuro. Forse non abbiamo futuro. Abbiamo una politica che non guarda lontano, manca la progettazione a lungo termine quella che porterà risultati fra una o due generazioni. Lo ha detto anche Greta di recente: tante parole sul clima, ma pochi fatti. Si invecchia e si vivacchia. Magari ripiegati sui social. Mio figlio non ha un profilo, sono i cinquantenni di oggi che vivono in quel mondo virtuale. Ci si culla sul passato, non ci sono novità. E pensare che fra cinquant’anni si calcola che un singolo Paese dell’Africa, la Nigeria, avrà più abitanti dell’intera Europa. Nel mio romanzo Come sugli alberi le foglie, sempre pubblicato da Guanda, racconto il sacrificio di un’intera generazione di giovani nella Grande guerra mondiale. Erano ragazzi che partirono volontari per il fronte e l’Italia l’hanno fatta proprio questi ragazzi, che venivano guardati con sospetto ed ancora sembra così. Si dice sempre ‘verrà il vostro tempo’, e intanto il tempo scorre”. Inevitabile, in chiusura, la domanda sul prossimo libro del nostro autore. “In media scrivo un romanzo ogni tre anni, non sono molto prolifico. Ma sono a buon punto. I cani del Barrio, questo è il titolo, uscirà a marzo, sempre per Guanda. Ma prima ci sarà uno strano libro che non andrà in libreria. Sarà online sul sistema bibliotecario milanese e sarà un tributo ad un film ed a una città in occasione dei settant’anni di Miracolo a Milano. L’anniversario del film è stato dimenticato, eppure è un capolavoro diretto da Vittorio De Sica e sceneggiato, fra gli altri, da Cesare Zavattini. Ho intervistato scrittori, musicisti, pittori per un omaggio ad un film e a una città. Il libro verrà pubblicato grazie al contributo di un privato, che finanzierà il lavoro durato un anno. La presentazione a novembre, a pochi passi dal luogo dove il film è stato girato”.
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