Poesia
Francesco Iannone, “L’usignolo di ferro”
La raccolta intitolata “L’usignolo di ferro” di Francesco Iannone, con la prefazione di Francesco Tomada e le illustrazioni di Flavia Peluso, permette all’autore salernitano di essere confinato nella cerchia dei credibili della poesia contemporanea. Al contrario di molti versificatori ansiosi di risalire nelle classifiche dell’ovvietà, Iannone disdegna le sovrapproduzioni e le catene di montaggio, preferisce applicare con discrezione il motto “less is more”. A parlare è un bambino, o meglio la finzione di un bambino, la sua lingua corrode lo spazio in cui vive, gioca, osa. Se fosse in un film sarebbe in uno di Lanthimos, con una dose minore di parossismi, in questo caso spietatezza e delicatezza non procedono paralleli al fine di compiere l’atto di purificazione, c’è la felice voglia di scomporre con oscura grazia le atmosfere, gli ambienti, le immagini di un’educazione, come se ci fosse l’incaponimento di ruotare nel verso sbagliato il cubo di rubik. Questo libretto sprigiona piccoli incantesimi e cariche sensiste, è una casa dell’infanzia che accoglie frivolezze bestiali e cieche adesioni al cuore. Certo è che l’infanzia, almeno quella raffigurata nella silloge, non ha un periodo circoscritto di inizio e di fine, si risveglia nel momento in cui l’adulto è pronto per «l’ora della conoscibilità», quando è deciso a sovvertire la storia e a ridurla a ossa e rose: «Quando sono felice / sento persino / ruminare / gli arcangeli / merendine e gelati / gli urli / dei fiori / pestati / li sento tutti / i grandiosi / sbadigli degli alberi / la sera. // Quando sono felice / però sono triste anche / è come un suono / che so / che conosco bene / un viso guardato da sempre / di cui più non ricordo / il nome».
Francesco Iannone,
L’usignolo di ferro
pp. 36, euro 15,00
‘round midnight edizioni 2021
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